Con un discorso televisivo di inaudita tracotanza e violenza Vladimir Vladimirovič Putin ha praticamente dichiarato guerra all’Ucraina. Non solo l’uomo del Cremlino ora pretende di annettersi il Donbass (la regione in cui dettano legge i separatisti filorussi), dopo essersi già annesso con la violenza la penisola della Crimea (anch’essa, un tempo, ucraina), ma l’intera stessa nazione confinante. A sostegno di tale pretesa Putin argomenta che quel paese non esiste in quanto espressione di cultura e tradizione russa. Per farla breve è come se l’Italia rivolesse indietro la penisola dell’Istria con le città di Pola e Zara, perse dopo la seconda guerra mondiale o come se l’Austria accampasse diritti sull’Alto Adige “tedescofono”. Un discorso da piccolo despota, il suo, espressione di un cesarismo che riporta alla mente non tanto la restaurazione della dittatura sovietica e del comunismo reale attraverso il quale quelle terre furono assoggettate all’impero staliniano, quanto un ritorno alle costumanze ed ai comportamento dello zar e della grande madre Russia di un tempo. Negare l’esistenza di uno Stato divenuto sovrano per legittima determinazione del suo popolo, da trent’anni, riconosciuto come tale dagli organismi internazionali, retto da un regime democratico e parlamentare, significa avere disprezzo nei confronti dell’intera comunità mondiale.
In disparte i principii di tolleranza e di rispetto per milioni di persone, oltre che per mantenere la pace in quelle già martoriate terre, questo modo di fare ricorda quello della Germania nazista e di quanto accadde dopo l’annessione della “polacca” Danzica e della Cecoslovacchia (istituita nel Protettorato di Boemia e Moravia) da parte del Reich. Territori che per Hitler erano a maggioranza linguistica tedesca e dunque per questo rientranti nell’orbita storica e culturale della “grande Germania”. Fu quella mossa, tollerata dagli stati democratici europei, a ringalluzzire i tedeschi che di lì a poco si impossessarono anche dell’Austria (con l’anschluss). L’ignavia delle potenze europee diede la spinta al terzo Reich per invadere anche la parte occidentale della Polonia, in collaborazione con l’Urss di Stalin (patto Ribbentrop-Molotov) che si annetté la rimanente parte, scatenando, in tal modo, la Seconda Guerra Mondiale. Non è dato sapere quanto ci sia di mera propaganda nelle parole di Putin e quanto, invece, sia la sua determinazione ad agire. Tuttavia la gravità delle parole ed il disprezzo verso ogni criterio di rispetto per un’altra nazione, non lasciano ben sperare. Danzica fu annessa perché con la conferenza di pace di Monaco sia l’Inghilterra guidata da Neville Chamberlain che la Francia guidata da Albert Lebrun si fecero gabbare dalle rassicurazioni del fuhrer.
La verità è che nel mentre la Germania si armava e faceva alleanze con l’Italia fascista di Benito Mussolini e con la Spagna di Francisco Franco, quelle stesse potenze non si erano parimenti equipaggiate cullandosi sugli allori dei rispettivi eserciti usciti vincitori dalla Grande Guerra. Le cose oggi non sono proprio identiche se non per lo stato di debolezza e di dipendenza energetica dell’Europa dai gasdotti russi. Insomma, l’uomo del Cremlino tiene il dito sia sul grilletto che sulla manichetta del gas che concede al continente europeo. La domanda però è ancora quella del secolo scorso: chi è disposto a sacrificarsi per Danzica, ovvero per Kiev e per la sua indipendenza nazionale? A questa risposta è appesa la reazione europea all’espansionismo di Mosca. Lo scacchiere però è più complesso del ricatto energetico e del reale valore delle sanzioni contro la Russia in caso di invasione dell’Ucraina.
Lo scoppio di un conflitto porterebbe l’Alleanza Atlantica a ricevere richiesta di aiuto da parte dei paesi aderenti come gli ex Stati satelliti dell’Urss e con ciò aumenterebbe il carico di minaccia militare per la Russia ai propri confini. L’esempio ucraino potrebbe indurre le altre ex Repubbliche sovietiche a chiedere anch’esse la protezione della Nato, come ad esempio Kazakistan ed Azerbaigian. In questo caso attorno alla Russia si stringerebbe una tenaglia dalla quale difficilmente ci si potrebbe districare. Insomma oltre all’Europa ed ai paesi baltici e scandinavi che già hanno aderito alla Nato, se ne aggiungerebbero altri ai confini della Russia. Infine lo scacchiere politico e militare interni al paese, con sommovimenti e malcontento da parte delle opposizioni politiche e perché no di apparati militari contrari allo scontro, potrebbe anche andare in ebollizione. Se anche i potenti oligarchi carichi di miliardi vedessero minacciati i prosperi mercati occidentali ed i loro guadagni, costoro non resterebbero all’infinito accanto a Putin. Non sappiamo se l’acume politico dello zar abbia calcolato e previsto tutto quello che però è oggi prevedibile, per tentare il fatale passo verso la guerra. Bluffare al tavolo della pace non è mai convenuto a nessuno.