CASERTA (gr) – Il mondo dei balneari ribolle, e non certo per l’estate dalle temperature incandescenti. “Nonostante tutto e tutti, con i nostri investimenti, siamo riusciti a tenere testa. Ma se l’estate è andata bene, i problemi li riponiamo in un cassetto, che riapriremo a luglio dell’anno prossimo. I problemi dei balneari non sono stagionali, come l’attività, ma perenni, e vanno affrontati adesso”.
Marcello Giocondo, presidente regionale del Sindacato Balneari (Sib), è incontenibile. Da ieri è in vigore il decreto concorrenza, che recepisce la direttiva Bolkestein dell’Ue. Dal primo gennaio 2024 saranno bandite gare europee per la gestione delle spiagge demaniali. Saranno azzerate le concessioni in vigore, riconoscendo un indennizzo, da definire con i decreti attuativi. Ma quei provvedimenti devono ancora vedere la luce. “Noi, secondo il sistema della Bolkestein – dice Giocondo – dovremmo andare all’asta il primo gennaio 2024. Il governo italiano, fino ad oggi, non ha fatto niente. E figuriamoci ora che se ne deve fare un altro dopo il 25 settembre. Tra le migliaia di cose da fare, dovranno affrontare anche la questione concessioni, e mi sembra che qualunque esecutivo arrivi non sia in grado di poterlo fare. Questa è una questione molto complicata, anche perché il territorio italiano è altamente diversificato”. Per fare degli esempi, “Mondragone non è Sorrento, Castelvolturno non è Ostia, Forte dei Marmi non è il Villaggio Coppola. Con questi presupposti come si fa a fare una legge?”. Giocondo chiede: “Secondo voi è giusto che un canone demaniale debba costare lo stesso a Castelvolturno e a Forte dei Marmi? Cosa stanno aspettando, che i balneari mettano a fuoco gli stabilimenti? Ma parlo di quelli che soffrono da trent’anni, sul Litorale Domizio, sottoposti da decenni a erosione marina, inquinamento, malavita”. E ancora: “Come si fa a parlare di libero mercato? Posso garantire che le grandi holding degli arabi, dei cinesi, e anche la malavita, sono interessate a partecipare alle gare a Forte dei Marmi, a Gaeta, a Sperlonga, a Lignano Sabbiadoro, a Lerici, a Portofino. Ma certamente non a Castelvolturno”. E allora, l’interrogativo dei balneari è: “Il legislatore lo conosce questo mondo, o è ancora all’oscuro di tutto? Ci sono stabilimenti in Versilia che lavorano con gli alberghi a 5 stelle e i russi che pagano le bottiglie di Cliquot sotto l’ombrellone, spendendo 20mila euro al giorno. Noi lavoriamo con le famiglie a basso reddito, che non possono spendere più di 15-20 euro al giorno”. Il presidente regionale del Sib respinge anche l’accusa, affibbiata ai balneari, di monopolizzare la risorsa mare. “Il legislatore – sostiene – dovrebbe preoccuparsi anche delle spiagge libere, visto che la spiaggia e il mare sono di tutti, non sono di noi concessionari. Ma chi vuole andarci, dove troverà un bagno pubblico, una doccia, uno spogliatoio, un’infermeria? Da nessuna parte. Però l’attenzione è sugli stabilimenti balneari. Un cittadino è costretto ad andare in uno stabilimento, e magari non se lo può permettere”. Giocondo garantisce di aver “portato tutto questo sul tavolo della giunta nazionale del Sib, di cui faccio parte, avendo degli scontri con i grandi concessionari del centro nord, affinché venga fuori tutta la questione balneare. Non è possibile che uno stabilimento a Forte dei Marmi porti a casa due milioni di euro, e uno di Castel Volturno, che paga ventimila euro di canone, se non sta attento non riesce a portarsi a casa nemmeno lo stipendio di un dipendente”. E se i balneari sono insoddisfatti del governo, altrettanto vale per “l’atteggiamento della Regione”. Palazzo Santa Lucia, infatti, “dopo 40 anni, sta decidendo di fare il Piano di utilizzo delle aree demaniali, cioè il piano regolatore della costa. Abbiamo fatto le nostre osservazioni, e fino ad oggi non si sono degnati di sentirci”.
Mastica amaro anche Umberto Frenna, patron dell’Arenile di Bagnoli, e presidente del Comaba, il consorzio dei gestori dei lidi a Napoli ovest. “Prima ancora di deliberare sulle gare – osserva -, avrebbero dovuto deliberare sul riconoscimento degli investimenti di impresa. Molti pensano a 30.000 aziende balneari, ma le concessioni demaniali sono 70.000 in tutta Italia, non riguardano solo gli stabilimenti. Prima bisognava stabilire il criterio che chi perde la concessione, quantomeno viene ristorato degli investimenti effettuati. Invece hanno fatto il contrario, hanno approvato la messa a gara delle concessioni, e demandato tutto a quando sarà. Ma non si capisce cosa ne sarà di tutte queste aziende e degli addetti, in caso di non rinnovo della concessione”. La cosa è “assurda, per la portata economica della questione. E attualmente, non sapendo cosa accadrà domani, ognuno è restio a fare investimenti, partendo da quelli energetici, come i ‘lidi rinnovabili’”.
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