MILANO – Crescono i rischi per il ciclo economico mondiale, sulla spinta delle pressioni inflazionistiche e con la minaccia delle interruzioni delle forniture energetiche dalla Russia verso l’Europa. Lo scenario attuale fotografato dalla Banca d’Italia nell’ultimo bollettino economico, però, non ha impedito al Pil italiano di accelerare di mezzo punto percentuale nel secondo trimestre. Se il quadro base dovesse evolvere in linea con le previsioni, con la guerra in Ucraina che si protrae fino a fine 2022 senza il taglio delle forniture russe, il Pil aumenterebbe del 3,2 per cento nel 2022, dell’1,3 nel 2023 e dell’1,7 nel 2024. L’inflazione si collocherebbe al 7,8 per cento nella media di quest’anno, per poi scendere progressivamente al 2,0 nel 2024. Sullo sfondo, ma significativo, il sostegno all’economia che potrebbe arrivare dalla politica di bilancio e dagli interventi delineati nel Pnrr.
Restano dunque i rischi al ribasso per l’attività nella maggior parte delle economie avanzate ed emergenti, con i costi delle materie prime energetiche che continuano a crescere, alimentando così l’inflazione verso nuovi massimi. Il rallentamento del ciclo economico mondiale, che Bankitalia definisce “netto”, non impedisce che la crescita del Pil italiano raggiunga un aumento dello 0,5 per cento nel secondo trimestre, spinto dall’apporto di tutti i principali comparti: la ripresa è visibile soprattutto per turismo e trasporti, molto colpiti dalla pandemia. L’edilizia gode ancora degli effetti dei bonus e il manifatturiero vede la produzione aumentare nel secondo trimestre, anche se l’attività industriale sarebbe rallentata a giugno. In base alle inchieste della Banca d’Italia, “circa tre quarti delle imprese manifatturiere riportano difficoltà di approvvigionamento di materie prime e input intermedi e quasi due terzi sono ostacolate nella propria attività dai rincari energetici”.
Sul fronte del credito si verifica un peggioramento delle condizioni di accesso, e da palazzo Koch spiegano che “nel corso della primavera le condizioni del mercato finanziario italiano hanno risentito dell’accelerazione nella normalizzazione delle politiche monetarie a livello globale e del deterioramento delle prospettive di crescita economica”. Pesa inoltre la crescita dello spread tra Btp e Bund tedesco, anche se “il brusco aumento del differenziale non appare giustificato dalle condizioni macroeconomiche di fondo”. Bankitalia precisa inoltre che “nostre analisi indicano che un livello del differenziale tra i rendimenti dei titoli decennali di Italia e Germania inferiore a 150 punti base sarebbe attualmente in linea con valutazioni di mercato coerenti con i fondamentali macroeconomici, mentre livelli superiori ai 200 punti non troverebbero giustificazione”.
Il quadro generale resta complesso, pur con degli elementi positivi, almeno finché non si prende in considerazione lo scenario avverso: guerra in Ucraina che si inasprisce, determinando uno stop delle forniture di energia dalla Russia. In tal caso si avrebbero interruzioni produttive nelle attività industriali caratterizzate da più elevata intensità energetica, maggiori rincari delle materie prime, un impatto più forte su incertezza e fiducia e una dinamica più debole della domanda estera. Con conseguente impatto sul Pil: aumenterebbe meno dell’1 per cento nel 2022 e diminuirebbe nel prossimo anno di quasi 2 punti percentuali, con il ritorno alla crescita solo nel 2024. L’inflazione raggiungerebbe il 9,3 per cento nel 2022 e rimarrebbe elevata anche nel 2023, al 7,4 per cento, per scendere marcatamente solo nel 2024. Bankitalia spiega però che lo scenario non include possibili risposte delle politiche economiche per mitigare le ricadute su famiglie e imprese, come fatto finora dal governo.
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