Benzina, gestori sul piede di guerra: scioperi a novembre

L'illegalità è figlia delle liberalizzazioni selvagge e della conseguente destrutturazione del mercato

MILANO – Nuovi disagi in vista per gli automobilisti italiani. I gestori degli impianti di carburante aderenti a Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio hanno infatti deciso di proclamare uno sciopero generale di due giorni degli impianti di rifornimento. Sia sulla rete ordinaria che autostradale, per i giorni 6 e 7 novembre prossimi, con concentramento a Roma sotto il Parlamento. Alla base della protesta, spiegano le tre sigle sindacali, una sorta di “liberalizzazione selvaggia del settore”, all’ombra della quale prosperano illegalità e distribuzione ‘clandestina’. Oltre a un eccesso di oneri sui gestori.

La distribuzione illegale

“Secondo stime accreditate, quanto prudenti, – calcolano i sindacati – il fenomeno dilagante dell’illegalità nella distribuzione dei carburanti, interessando una quota che si aggira intorno al 15% di prodotti ‘clandestini’ sul totale dei 30 miliardi di litri erogati, vale numerosi miliardi di euro ogni anno. Se si considera che mille litri valgono 300 euro di Iva, che arrivano a superare i mille euro, se si aggiungono pure le accise, la quantità di denaro sottratta alla collettività ed incassata da criminali più o meno organizzati appare incommensurabile. Con riflessi devastanti, oltre al resto, anche sulla concorrenza e la qualità stessa dei prodotti immessi nei serbatoi di automobilisti ignari”.

L’appello alla politica

“L’illegalità è figlia delle liberalizzazioni selvagge e della conseguente destrutturazione del mercato”. A fronte di questa situazione le organizzazioni di categoria sottolineano di sollecitare da anni la politica ad adottare una riforma complessiva che metta al riparo i gestori da oltre un decennio di deregolamentazione ed allentamento dell’intero sistema regolatorio. Che ha aperto le porte ad ogni forma di illegalità.

La linea dei sindacati

La risposta è stata invece, sempre a giudizio dei sindacati, “l’adozione di provvedimenti il più delle volte disorganici, confusi, dall’applicabilità altamente problematica”. Nel mirino la fatturazione elettronica. Con la trasmissione telematica dei corrispettivi, il Das elettronico, l’introduzione dell’Isa in sostituzione degli studi di settore “che mette di fatto tutta la categoria fuori dai parametri e ignora, colpevolmente, che il gestore ha un margine del 2% sul prezzo di vendita”. Negativo è poi anche l’obbligo di acquisto del Registratore Fiscale Telematico. Mentre eccessivamente oneroso risulterebbe l’adozione generalizzata della moneta elettronica “che scarica interamente solo sui gestori responsabilità e costi che dovrebbero invece essere considerati di sistema”.

(AWE/LaPresse/di Paolo Tavella)

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