GIACARTA – Oltre 1500 feriti, 373 morti, 11mila persone rimaste senza casa. E potrebbe non essere finita qui. Il “figlio del Krakatoa”, il vulcano Anak, continua infatti ad eruttare e le autorità indonesiane hanno invitato popolazione e turisti a stare lontani dalle spiagge. Il timore che possa verificarsi una seconda devastante onda di tsunami è infatti ancora altissimo e, purtroppo, il bilancio potrebbe ancora salire.
Bilancio drammatico e sistemi di allarme fuori uso
Questo anche a causa di un sistema di allarme anti-tsunami che non risulta operativo dal 2012. Mancanza di fondi, atti di vandalismo vari e problemi di natura tecnica hanno infatti impedito di mettere a punto delle contromisure concrete atte a segnalare l’anomalia delle onde in partenza e quindi, probabilmente, ad evitare altri disastri. Quello che sta per concludersi è stato intanto un anno terribile per l’arcipelago indonesiano, a partire dalle piogge violente dello scorso ottobre, che causarono una trentina di morti, fino ad arrivare, a ritroso, all’eruzione del vulcano Sinabung nel mese di febbraio.
Un 2018 drammatico per l’arcipelago
Tra tsunami. Decine di migliaia i morti a causa soprattutto di tsunami in una zona, l’Indonesia appunto, considerata ad altissima intensità sismica. La stessa si trova infatti su quello che è stato definito ‘Anello di Fuoco’, vale a dire una vera e propria linea che corre tutt’intorno all’Oceano Pacifico. È stato calcolato che in questa zona avviene il 90 per cento dei terremoti anche perché, oltre la metà dei vulcani attivi nel mondo presenti al livello del mare, fanno parte proprio di questo ‘anello’. Ora, dunque, si contano i danni e le vittime di un’ennesima strage, probabilmente non del tutto evitabile, ma che avrebbe potuto essere gestita diversamente con i sistemi di allarme operativi. Se ne stanno studiando già dei nuovi anche se oggi la priorità è aiutare quella gente, disperata, che ha perso tutto, case, lavoro e famiglia.