Bisca del clan dei Casalesi, 4 condanne. Assoluzione per la moglie di Mezzero

Gravante, Carlino, Fulco e Zagaria colpevoli di riciclaggio. Grazzanise La donna era accusata di ricettazione. Assolti Garofalo ‘o marmularo e Buonpane: rispondevano di tentata estorsione

GRAZZANISE – Il clan dei Casalesi, le società e gli investimenti di Francesco Zagaria, il gioco d’azzardo e lo stipendio ai familiari del boss: sono i quattro temi dell’indagine che ha portato a processo sette imputai. E ieri mattina, dopo circa 3 anni di udienze, il giudice Marco Giordano del Tribunale di Napoli ha letto il verdetto di primo grado: 5 anni di carcere per Zagaria, alias Ciccio ‘e Brezza, dal 2019 collaboratore di giustizia, accusato di associazione mafiosa, 4 anni e 4 mesi a testa per Salvatore Carlino, 51enne e Paolo Gravante, 54enne, entrambi di Grazzanise, coinvolti (con Zagaria) nella gestione di una bisca. Parte dei soldi guadagnati con i tavoli verdi, ha ricostruito la Procura distrettuale, veniva consegnata a Michele Fontana ‘o sceriffo, uomo di Michele Zagaria: mille euro finivano nelle casse della cosca di Casapesenna e 2mila andavano al gruppo di Carmine Schiavone, figlio del capoclan Francesco Sandokan. Carlino e Gravante, assistiti dagli avvocati Giuseppe Stellato, Matteo Mirra e Paolo Raimondo, sono stati giudicati colpevoli del reato di riciclaggio aggravato dalla finalità mafiosa. Lo stesso reato è stato contestato a Giovanni Fulco, imprenditore 31enne di Brezza, che però, grazie al patteggiamento, ha incassato una pena più lieve (e sospesa): un anno e 10 mesi. E’ difeso dai legali Pasquale Davide De Marco e Stellato. Sono stati assolti Giuseppe Garofalo ‘o marmularo, anche lui fidato di Michele Zagaria, e Salvatore Buonpane, 46enne di San Prisco, gestore di un bar, difesi dagli avvocati Angelo Raucci, Paolo Caterino e Mario Manganzzo: erano finiti a giudizio per tentata estorsione (in concorso con Ciccio ‘e Brezza) ai danni di un costruttore di Teverola. Stando alla tesi della Dda, avevano cercato di far rinunciare alla vittima di incassare il credito che vantava (da Buonpane). Ma la ricostruzione dell’accusa non ha convito il giudice che ha deciso di dichiararli non colpevoli. A processo era finita anche Carolina Palazzo con l’accusata di ricettazione. La donna, rappresentata dal legale Alberto Martucci, stando alla tesi della Procura, fino al 2012 aveva preso lo stipendio dal clan in qualità di moglie del boss Antonio Mezzero (ristretto in carcere dal 1998), ma la condotta contestata, ha stabilito il Tribunale, non costituisce reato.

I sette imputati sono stati giudicati con rito abbreviato. La stessa inchiesta che ha fatto scattare le quattro condanne, coordinata dal pm Maurizio Giordano e realizzata dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, ha trascinato a processo anche Domenico Farina, 47enne di San Prisco, difeso dal legale Stellato, che a differenza degli altri ha preferito affrontare il dibattimento. L’uomo d’affari risponde di reimpiego di capitali di provenienza illecita in relazione alla costruzione di alcune villette nel suo paese di residenza. L’imprenditore, secondo gli inquirenti, si sarebbe intestato fittiziamente anche alcune quote delle società Fz e Gusto Latte di proprietà (di fatto) di Francesco Zagaria.

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