NAPOLI – L’inchiesta che ha portato all’esecuzione dei fermi poi trasformati in ordinanze nei confronti dei presunti appartenenti al clan Mazzarella per estorsione, ha preso il via da una denuncia, quella sporta dai titolari di un’altra pizzeria che si trova ai Tribunali. In quella denuncia si parla di presunti taglieggiamenti e “richieste estorsive” effettuati da “persone del quartiere, un gruppo di giovani capeggiati da tale Antonio Iodice, detto ’o chiuovo”, un 20enne “che negli ultimi tempi sta terrorizzando un po’ tutto il quartiere”. Tutto sarebbe partito una notte di circa due mesi e mezzo fa, “nel dicembre 2018, non ricordo bene il giorno, erano stati esplosi alcuni colpi d’arma da fuoco all’indirizzo della mia pizzeria. Sul posto intervenne la polizia che effettuò un sopralluogo. Già in quella circostanza, avevo ipotizzato che il gesto fosse legato ad una richiesta estorsiva, sia per le modalità del fatto sia perché negli ultimi tempi nella zona di San Gaetano si è diffusa la voce che ci fossero soggetti che pretendevano dagli esercizi commerciali della zona il pagamento del pizzo”. La conferma dei timori della donna, moglie del titolare di una pizzeria dei Tribunali, avvenne dopo “circa 15 giorni” dall’episodio, quando “un ragazzo di 15/16 anni si presentò al citofono di casa mia. A mio figlio di 6 anni, che aveva risposto al citofono, disse di essere un amico di mio marito. Il bambino, ingenuamente, gli aprì il portone del palazzo. […] Il ragazzo rivolgendosi a mio marito, diceva di essere venuto per portare ‘un’imbasciata di ’o chiuov’”, che pretendeva “la settimana per i carcerati”. Quel ragazzino fu cacciato. La donna a parlare è la moglie del titolare della pizzeria. Era stata tenuta all’oscuro di tutto. E’ lei a prendere il coraggio per dire basta. “Capii qualche giorno dopo Natale. Mio marito, mentre si trovava in pizzeria, aveva ricevuto la visita di un soggetto, il quale, dicendo che lo mandava ‘o chiuov’, gli intimò di consegnarli 1000 euro. Mio marito aveva preso tempo, sostenendo che doveva racimolare la somma e che nell’immediatezza poteva dargliene solo 500. Il ragazzo li prese e se ne andò. Dopo poco però tornò in pizzeria e riconsegnò i 500 Euro, dicendo che ‘o chiuov’ ne voleva 1000”. Quella notte spararono alla pizzeria e il marito pagò ‘il regalo’. Poi ci furono i colpi di pistola contro l’abitazione che si trova proprio sopra la pizzeria Sorbillo. “I colpi esplosi, sebbene non entrarono dentro casa, hanno comunque infranto la vetrata della porta finestra che conduce al balcone della cucina”. Dopo circa due giorni dalla sparatoria “fu piazzato un ordigno esplosivo contro la saracinesca della pizzeria ‘Sorbillo’ che si trova proprio in corrispondenza di uno dei balconi della mia abitazione. Non escludo, anzi ritengo fortemente probabile, che l’azione violenta era in realtà rivolta a colpire noi visto che il balcone di casa mia si trova esattamente sopra la pizzeria e che, da quanto appreso dallo stesso Luigi Sorbillo, lui non aveva mai ricevuto minacce o richieste di estorsione”. Ma le rappresaglie nei confronti della famiglia titolare della pizzeria non cessarono. L’ultimo episodio risale a quando “io e mio marito ci trovavamo in via Atri, intenti a rincasare. […] Siamo stati avvicinati da Antonio Iodice a bordo di una moto nera”. Era vestito di nero e aveva un casco nero integrale, ma a un certo punto avrebbe deciso di toglierlo. Marito e moglie sarebbero stati quindi accerchiati da altri “due o tre scooter con a bordo due persone su ogni mezzo, tutti con caschi”. Nel mirino c’era il genero della donna che, giunto sul posto sarebbe “arrivato alle mani con Iodice, picchiandolo e facendogli uscire del sangue da naso”. Da qui le minacce e la decisione di denunciare tutto.
“Bomba contro Sorbillo? No, era diretta a noi”. Il racconto delle vittime
Il racconto della moglie del titolare di un locale a Napoli