SAN FELICE A CANCELLO – San Felice a Cancello torna tristemente al centro della cronaca nera per una vicenda che solleva ancora una volta il velo sul dramma dello sfruttamento nel settore agricolo. Dopo la tragica morte di Pavel Storceac, 31 anni, bracciante agricolo moldavo, la Procura ha deciso di estendere l’inchiesta che punta a far luce su un sistema di caporalato che, ancora oggi, opprime centinaia
di lavoratori, soprattutto stranieri. L’episodio si è verificato lo scorso 16 giugno, nel primo pomeriggio, sotto il sole cocente che da giorni attanagliava la zona. Pavel si è sentito male mentre lavorava nei campi, probabilmente in un’area nei pressi di Monticello Volpone. Colpito da un malore, è stato letteralmente scaricato, ancora vivo, fuori allo Psaut di San Felice a Cancello da qualcuno che si è poi dileguato senza prestare soccorso né fornire spiegazioni. Da lì, il giovane è stato trasferito d’urgenza all’ospedale di Caserta, dove però è morto poco dopo per arresto cardiaco.
La morte di Pavel ha fatto scattare l’indagine del Commissariato di polizia di Maddaloni. Gli agenti hanno effettuato un primo sopralluogo nella zona in cui si presume sia avvenuto il malore e hanno ascoltato otto testimoni, tutti stranieri e impiegati come braccianti agricoli. Al momento, quattro persone risultano indagate per omicidio colposo: tre di nazionalità albanese e un italiano. Ma il caso ha innescato anche una forte reazione sindacale. Il sindacato Flai Cgil, con i segretari Igor Prata (Campania e Napoli) e Tammaro Della Corte (Caserta), ha seguito da vicino la vicenda. “Si tratta di morti nei campi, sul lavoro. Bisogna che le istituzioni tutte si assumano la responsabilità di fermare
questa mattanza”, hanno dichiarato i rappresentanti, sottolineando l’urgenza di porre fine a un sistema che priva i lavoratori di diritti e dignità. In risposta all’emergenza e an- che grazie alla pressione sindacale, sono stati intensificati i controlli sul territorio, soprattutto nei punti di raccolta dove i ‘caporali’ preleva- no quotidianamente i braccianti per portarli nei campi di coltivazione, in particolare nelle piantagioni di tabacco. Un sistema organizzato, radicato e spesso invisibile che continua a mettere a rischio vite umane nel silenzio generale.