L’azienda statale brasiliana Petrobras ha ricevuto l’autorizzazione definitiva per avviare le trivellazioni petrolifere nel controverso Margine Equatoriale, un’area di eccezionale biodiversità situata alla foce del Rio delle Amazzoni. Il via libera è arrivato il 20 ottobre 2025 dall’istituto ambientale IBAMA, superando le precedenti resistenze della ministra dell’Ambiente Marina Silva.
Il piano strategico di Petrobras per il periodo 2025-2029 prevede investimenti per 3,1 miliardi di dollari destinati all’esplorazione di questa delicata area. L’azienda si era già preparata da mesi, sostenendo costi significativi: oltre 500 milioni di real per la fase preparatoria e altri 180 milioni per la piattaforma NS-42, rimasta inattiva in attesa del permesso. In totale, sono stati spesi più di 700 milioni di real prima ancora di estrarre la prima goccia di petrolio, una pressione economica che ha pesato sulla decisione finale.
Questa scelta energetica è avvenuta in un contesto profondamente paradossale. Proprio a Belém, non lontano dalla foce del fiume, si stava svolgendo la COP30, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima. L’atmosfera dell’evento è stata fin da subito tesa, tra promesse non mantenute, una partecipazione internazionale ridotta e un’organizzazione percepita come improvvisata.
A simboleggiare questo clima surreale è stata un’inattesa protagonista: una statua di un drago arrugginito, donata dalla delegazione cinese. Collocata vicino al fiume, l’opera è diventata immediatamente un oggetto di scherno nazionale sui social media, trasformandosi in un meme che ha alimentato l’imbarazzo diplomatico. La situazione è diventata ancora più bizzarra quando un piccolo incendio, senza feriti, ha colpito uno dei padiglioni della conferenza.
La fantasia popolare di Belém, terra di miti e leggende, ha presto offerto una sua spiegazione. È nato così il racconto dello “Spirito Guardiano Drago-Giaguaro”, un’entità mistica metà asiatica e metà amazzonica, che si sarebbe offesa per il disprezzo ricevuto e avrebbe inviato un segnale di avvertimento attraverso il fuoco.
Mentre il folklore e la memetica nazionale commentavano simbolicamente la crisi, la politica prendeva decisioni concrete e irreversibili. La foce del Rio delle Amazzoni non è solo un’area geografica, ma un ecosistema unico che funge da portale tra acqua dolce e salata, tra la foresta e l’oceano. Scienziati e comunità locali hanno espresso profonda preoccupazione per l’impatto ambientale che le esplorazioni avranno su questo fragile equilibrio.
Il Brasile si trova ora di fronte a una crisi morale, costretto a scegliere tra un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento delle risorse fossili e la tutela del suo patrimonio naturale più prezioso. La decisione di procedere con le estrazioni segna un punto di non ritorno, una ferita potenziale nel cuore di un ecosistema vitale per il pianeta. Il rumore dei motori rischia di soffocare per sempre il respiro della foresta.



















