NAPOLI – Era in corso la riunione del Coordinamento Unitario in Difesa del Patrimonio Bufalino presso la sede della Nuova Cucina Organizzata a Casal di Principe, quando è arrivata in diretta la notizia che il Governo ha deciso di nominare il commissario nazionale per la brucellosi, con il compito di affrontare e risolvere i problemi dove i piani regionali hanno fin qui fallito, ovvero nelle regioni Sicilia, Campania, Calabria e Puglia. Gianni Fabbris, portavoce degli allevatori, ha quindi interrotto lo sciopero della fame giunto al suo ventesimo giorno e ha dichiarato, esausto ma felice: “È al tempo stesso una vittoria importante dopo un lungo cammino durato due anni e mezzo del Coordinamento Unitario e l’inizio di una fase nuova su cui investiremo le nostre migliori energie. È stato sconfitto l’oscurantismo più retrivo che avrebbe voluto lasciare tutto com’era continuando a far pagare il prezzo ai cittadini, agli allevatori ed alle comunità e ad ingrassare gli interessi delle lobby. Hanno prevalso le istanze del cambiamento fortemente sostenute dagli allevatori e dai loro tanti alleati. Diamo atto al Governo di aver compiuto la scelta di affrontare, dopo decenni, un problema finora rimosso dalla politica e, come abbiamo sempre annunciato, ci predisponiamo a contribuire al migliore esito”. E pensare che, solo ieri l’altro, le speranze sembravano perse. Gli allevatori si erano rivolti a chiunque, ma spiragli non se ne vedevano, e le bufale continuavano ad essere abbattute indiscriminatamente. Mese dopo mese il piano di eradicazione regionale si dimostrava inefficace causando solo una mattanza di capi, spesso risultati sani dalle analisi post mortem, e contribuendo alla chiusura di oltre 400 aziende solo in provincia di Caserta. “Servono meno abbattimenti, più vaccinazioni e maggior autocontrollo nelle stalle”, urlavano a gran voce allevatori e addetti ai lavori. “Non c’è più tempo. Non è più tollerabile che gli allevatori delle Regioni Meridionali siano lasciati soli a fare i conti con il fallimento dei piani di eradicazione e gestione della BRC e della TBC, mentre avanza una crisi mortale per i sistemi di allevamento fondati sulla transumanza e sulle produzioni di eccellenza che coinvolge ed aggrava la crisi ambientale, sociale ed economica di aree territoriali strategiche in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia”, gridava Fabbris. Niente. Come parlare al muro. Eppure, alla fine, qualcuno ha ascoltato, e si è arrivati al risultato di ieri sera. Va riconosciuto il merito del risultato ottenuto a quanti hanno compreso l’importanza di affrontare quello che negli ultimi decenni è diventato un vero incubo per gli allevatori, per lungo tempo soli, perché schiacciati da troppi interessi, a cui Cronache non ha mai fatto mancare il suo sostegno, credendo nel valore della loro battaglia. E questa prima vittoria degli allevatori parla anche ai tanti agricoltori, pescatori e lavoratori impegnati nelle vertenze contro la crisi di questi mesi: con l’unità si raccolgono frutti. “Ora si apre una fase nuova di lavoro – ha sottolineato Fabbris – Attendiamo con ansia di poter incontrare il Commissario per poter confrontare e condividere le soluzioni augurandogli fin d’ora buon lavoro”.
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La tegola più pesante dal Consiglio di Stato
NAPOLI (cm) – Ciò che ha convinto il governo a commissariare Vincenzo De Luca e il piano antibrucellosi, scritto a suo tempo con l’assessore all’Agricoltura Nicola Caputo, sono state non tano le azioni eclatanti degli ultimi mesi quanto due sentenze del Consiglio di Stato. Quelle che, accogliendo i ricorsi di due allevatori bufalini casertani ai quali era stato ordinato l’abbattimento totale di tutti i capi presenti in azienda, hanno sancito, dopo ben cinque anni di battaglie legali una svolta epocale nella battaglia contro la Regione Campania, l’istituto Zooprofilattico Sperimentale di Portici guidato da Antonio Limone, i professori Giuseppe Campanile e Giuseppe Iovane dell’Università di Napoli dall’Asl Caserta e, perché no, le allineate e coperte organizzazioni sindacali campane Coldiretti, Cia, Confagricoltura e Copagri. Due sentenze clamorose (la 04563 e la 04565 pubblicate il 7 marzo scorso) che smontano letteralmente le ricostruzioni e le valutazioni con le quali il Tar Campania nel 2021 aveva “legittimato” i piani, le azioni e le procedure messe in campo dal governo regionale per contrastare la tubercolosi bufalina (e la brucellosi). Due sentenze che costituiscono certamente una grande soddisfazione per gli avvocati Antonio Sasso e Vincenzo Prisco, un risarcimento anche morale per i due allevatori ricorrenti, ma soprattutto una sconfitta sensazionale per l’intero sistema della sanità pubblica veterinaria italiana, atteso che su queste vicende, soprattutto negli anni addietro, hanno coinvolto il ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, gli Istituti Zooprofilattici referenti per brucellosi e tubercolosi bufalina, rispettivamente di Teramo e Brescia. Sullo sfondo, pertanto, un’applicazione sostanzialmente distorta e scriteriata di quel principio di precauzione puntualmente invocato dalla Regione Campania e avallato dal Tar Campania, per giustificare la mattanza delle bufale casertane, l’abbattimento totale di tutti i capi di numerosissime aziende zootecniche di Terra di Lavoro. Un sistema che per oltre un decennio non si è mai preoccupato di attuare compiutamente delle procedure diagnostiche corrette, scientificamente ragionevoli, che distinguessero i casi sospetti da quelli confermati come efficacemente e da sempre ribadito dalle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità animale, l’Oie, e sancito e cristallizzato dalle norme europee nel ben noto articolo 9 del Regolamento Europeo 689 del 2020. Negligenza diagnostica o altro? Comunque due sentenze che rendono giustizia a chi ha sempre sostenuto, nello scetticismo generale, che la Regione abbatteva, ed abbatte tutt’ora, sul mero sospetto e senza una reale conferma. Il bilancio di queste politiche lo conosciamo grazie ad un’inchiesta giudiziaria ancora pendente presso la Procura di Santa Maria Capua Vetere: circa 100 mila abbattimenti per sospetta brucellosi o tubercolosi di capi bufalini risultati poi sani alle indagini post mortem. Circa 300 aziende casertane chiuse, il 30 per cento degli allevamenti.
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