Brucellosi, la strage della bufale sane: un intero comparto distrutto

Caserta allevamento bufale
©Lapresse allevamento di bufale a Santa Maria la Fossa.

CASERTA – Bastava un pizzico di attenzione in più e migliaia di ‘innocenti’ si sarebbero salvati. Invece, gridano tanti allevatori, si è scelto di procedere all’ingrosso, innescando una vera e propria strage. Parliamo di bufale, della loro mattanza che, da troppi anni, in nome della brucellosi (per eradicarla) si consuma in Terra di Lavoro. Un fenomeno che ha messo in ginocchio centinaia di aziende agricole e sdoganato un termine crudele: l’abbattimento. Migliaia di capi sono stati uccisi, mandati al macello perché le analisi sierologiche commissionate dall’Asl hanno attestato la loro positività alla Brucella. Detta così, nulla di sbagliato: la bufala infetta va eliminata per impedire che possa trasmettere la malattia ad altri esemplari. Ma i dati della profilassi negli stabilimenti bufalini casertani raccolti dal 2011 al 2021 sembrano raccontare tutta un’altra storia. Non sempre la bufala finita al macello è infetta. Cosa significa? Che è possibile che vengano uccisi anche animali sani, che avrebbero potuto continuare a produrre latte, ad alimentare la filiera casearia. 

I dati 

La situazione è decisamente complessa (e dibattuta). E per affrontarla (e farsi un’idea) occorre seguire la strada maestra dei numeri. Nel 2020 i capi controllati sono stati 179.930 e quelli dichiarati infetti 11.930. A finire al macello, invece, 14.109. Vi chiederete come mai ce ne siano 2.499 in più rispetto a quelli ritenuti positivi. Perché in determinate circostanze scatta l’abbattimento totale, come quando la positività alla Brucella viene accertata sul 50 percento più uno dei capi presenti in una stalla: in uno scenario del genere l’Asl dispone l’invio al macello di tutti gli animali (anche di quelli che rappresentano la restante parte non controllata della stalla). 

Torniamo alle cifre: dei 14.109 macellati vengono sottoposti ad esame batteriologico (post mortem) solamente 1.481. Altro quesito. Come mai un numero così basso? Perché il protocollo prevede che i test sui tessuti siano eseguiti solo sui primi 12 capi di ogni stalla destinata al macello. E arriviamo al numero che più di tutti fa sobbalzare gli allevatori. Nel 2020 solamente su 16 capi dei 1.481 controllati batteriologicamente sono state isolate particelle di Brucella spp (la famiglia di batteri di cui fa parte la Brucella abortus che colpisce i bovini). Significa che l’1,08 percento degli animali macellati e controllati batteriologicamente era certamente infetto. Il dato diventa ridicolo se lo relazioniamo a quelli totali macellati: si arriva allo 0,11 percento. Insomma, stando a questi numeri, il rischio che siano stati uccisi animali sani è elevatissimo. Abbiamo sottoposto questi dati anche a Nicola Caputo, assessore all’Agricoltura della Regione Campania. E il politico originario di Teverola si è preso tempo per dirci la sua.

Nodo analisi

Per gli allevatori la mattanza di bufale si sarebbe potuta evitare con controlli, quando i capi erano in vita, più approfonditi. Sostengono che gli esami FdC (Fissazione del complemento) e Sar-Sieroagglutinazione a cui sottopongono i campioni di sangue delle bufale sono “visivi” ed è possibile, durante la loro elaborazione confondere gli anticorpi della brucellosi con quelli prodotti da altre infezioni, come l’ Escherichia coli. I test batteriologici, che vanno a concentrarsi sui tessuti di mammella, utero e milza, verso i quali la brucellosi ha uno spiccato tropismo (una tensione a colpirli), sarebbero più sicuri. 

Prima ancora del vaccino, numerosi titolari di aziende agricole chiedono al governo regionale che venga rivista la procedura delle analisi dei capi bufalini. Test più approfonditi consentirebbero di evitare l’abbattimento di bufale sane. 

Tra gli addetti ai lavori c’è, logicamente, anche chi la pensa diversamente. Una corrente sostiene che il numero di capi su cui sono state isolate tracce di Brucelle spp è basso perché generano un tipo di infezione che, a differenza della tubercolosi, non aggredisce gli organi, e quindi analizzando i loro tessuti post mortem è facile che non emerga (l’infezione).

In precedenza abbiamo analizzato i dati riguardanti il solo 2020. Se sommiamo le cifre che vanno dal 2011 al 2021 lo scarto tra i capi sottoposti ad esame batteriologico e quelli macellati è ancora più evidente. Su 60.749 animali abbattuti, ad essere stati analizzati sono stati 8.721. Risultato? Si è accertata la presenza di Brucella spp solamente su 290 bufale. 

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