CAIVANO – Un elenco di nove nomi. Tutti personaggi conosciuti in città, ma in ambiti diversi – pubblica amministrazione e criminalità organizzata – opposti che in teoria non dovrebbero incontrarsi mai e poi mai, come fanno le rette parallele, ma che purtroppo continuano ad attrarsi, specie in provincia di Napoli. Ennesimo scandalo al Comune di Caivano, dove un’inchiesta della Dda ipotizza collusioni tra politica e camorra.
Sono in tutto nove le persone fermate. L’impianto accusatorio è grave, gravissimo: la camorra avrebbe fatto affari attraverso l’amministrazione comunale. All’alba di ieri i carabinieri del Nucleo Investigativo del gruppo di Castello di Cisterna hanno dato esecuzione a un decreto di fermo a carico di nove soggetti, emesso dalla Dda, nei confronti di altrettanti indagati ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, corruzione e altro aggravati dalla finalità mafiose. Fermati Giovanbattista Alibrico, detto Giamante, politico di lungo corso nonché consigliere comunale uscente; Raffaele Bervicato, dell’omonima famiglia criminale e ritenuto luogotenente del clan Gallo–Angelino; Armando Falco, segretario cittadino di Italia Viva, nipote dell’ex sindaco Enzo Falco; Domenico Galdiero; Raffaele Lionielli; Martino Pezzella, tecnico comunale; Vincenzo Zampella, dirigente comunale; Carmine Peluso, ex assessore.
Indagati anche Antonio Angelino, alias tibiuccio, boss in carcere da luglio, Gaetano Angelino, Giovanni Cipolletti e Massimo Volpicelli.
Nel corso del blitz i carabinieri hanno effettuato perquisizioni in diversi luoghi, tra cui al Comune. Il provvedimento eseguito è una misura pre-cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, che sarà trasmessa al giudice per la convalida e l’emissione di ordinanza cautelare, avverso la quale sono ammessi mezzi di impugnazione. I destinatari del decreto di fermo sono persone sottoposte alle indagini e quindi presunte innocenti fino a sentenza definitiva.
Le indagini che all’alba di ieri hanno portato al blitz sono partite nell’agosto del 2021, all’inizio condotte dalla Tenenza dei carabinieri di Caivano e successivamente proseguita dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Castello di Cisterna, a partire dal mese di settembre 2022. Oggetto delle indagini dei militari dell’Arma un sodalizio criminale che stava allungando le mani sul contributo Ecobonus 110%.
Fin dalle prime battute delle indagini, è risultato che il sodalizio, composto da Giovanni Cipoletti e Massimiliano Volpicelli, aveva come punto di riferimento Antonio Angelino (ritenuto dalla Dda capo dell’omonimo clan) ritornato in libertà dopo una detenzione quasi trentennale, elemento di spicco della criminalità organizzata egemone sul territorio di Caivano e zone limitrofe.
I tre, oltre a essere operativi nel settore delle estorsioni ai danni di privati cittadini, avevano instaurato un vero e proprio inquietante ‘sistema’ di gestione camorristica dell’attività amministrativa del Comune di Caivano, ben collaudato e radicato nel tempo. Un ‘sistema’ basato sul condizionamento degli affidamenti di lavori pubblici da eseguirsi presso il Comune che allungava i propri tentacoli fin dentro l’amministrazione. Quelli che nelle indagini sono indicati come ‘intermediari’ tra clan e ditte – i politici e i dipendenti comunali – si preoccupavano di contattare imprese compiacenti.
Preso a pugni in strada: “Qui ci siamo anche noi”
L’indagine alla base del provvedimento della Dda (pm Francesca De Renzis, Giorgia De Ponte, Anna Frasca) che ha scosso Caivano, in quello che è l’ennesimo scandalo che ha colpito l’area nord, scaturisce da una serie di episodi avvenuti nell’estate di due anni fa. Dall’attività info-investigativa il pool anticamorra ha appreso dell’operatività, sul territorio di Caivano e zone limitrofe, di un gruppo criminale che, con modalità di palese stampo camorristico, dedito a richieste estorsive ai danni di imprenditori e commercianti del luogo, nonché di privati cittadini, impegnati, in particolare, nell’esecuzione di lavori di ristrutturazione edilizia con il bonus 110%, e che si presentavano a nome dei “compagni di Caivano” e di “zio Michele”, quest’ultimo da individuarsi in Michele Leodato, soggetto già condannato in via definitiva per reati in materia di stupefacenti, conosciuto anche con l’appellativo di Michele ’o pazzo, arrestato nel maxi blitz di giugno.
Le prime notizie apprese in via confidenziale dai carabinieri trovavano specifico riscontro in alcuni episodi verificatisi a Caivano nei mesi di agosto e settembre 2021, e che vedevano coinvolta la figura di un consigliere comunale eletto nel Pd, membro di due commissioni consiliari (Bilancio e Attività Produttive-Commercio), Arcangelo Della Rocca (non indagato e il motivo si vedrà più avanti), poi nominato assessore all’Urbanistica, Grandi opere, Pnrr, Commercio, Artigianato, Agricoltura, Industria, Suap. Il primo di questi accadeva alle 16,53 del 31 agosto 2021, quando il personale dell’allora tenenza dei carabinieri, nel transitare in via Da Verrazzano, notava sul marciapiede la presenza del pregiudicato Leodato, mentre dialogava in maniera concitata con altro soggetto di sesso maschile, in quel momento non identificato perché di spalle, che si trovava all’interno del cortile del palazzo dove era installata un’impalcatura per dei lavori edili della facciata. Si trattava di Della Rocca, appunto. Tre settimane più tardi, il 21 settembre, i carabinieri apprendevano che il giorno prima Della Rocca era stato aggredito in strada da due soggetti in sella a uno scooter e colpito al volto, tant’è che in Consiglio comunale, qualche ora più tardi, si presentò con una palese ferita lacero contusa al sopracciglio sinistro, un ematoma all’occhio sinistro e il naso tumefatto. Tutto documentato dalla diretta sui social della seduta dell’Assise.
Della Rocca, però, aveva paura di denunciare. Raccontò alla moglie di essersi ferito accidentalmente scivolando sull’asfalto della discesa che porta verso la tavernetta dell’abitazione. Poi vuotò il sacco con la coniuge, come la stessa donna racconterà poi ai carabinieri, escussa in più di un’occasione; stessa sorte per un conoscente di Della Rocca, testimone oculare dell’aggressione. Il 31 agosto, in maniera ancora informale, l’allora consigliere confermò agli investigatori di essere stato effettivamente avvicinato da un soggetto a lui noto come Michele Leodato in compagnia di altro soggetto a lui sconosciuto, che gli avrebbe riferito in dialetto napoletano “qui ci siamo anche noi”, senza aggiungere altro, ma lasciandogli intuire che probabilmente la frase celava una richiesta estorsiva. I carabinieri alzarono l’asticella e installarono cimici ovunque, riuscendo in questo modo a ricostruire l’accaduto. E fu proprio quel clima di profonda omertà che indusse gli investigatori ad approfondire la questione. Perché nessuno parlava? Perché tanta reticenza? Nel corso del tempo verrà fuori un ‘sistema’, un meccanismo criminale, un connubio solidissimo tra camorra e pubblica amministrazione. Il 24 settembre Della Rocca, finalmente, mise nero su bianco la sua denuncia. Ma, ancor più importante di questo passaggio, fu il fatto che tra i carabinieri si diffuse il sospetto che quello ai danni di Della Rocca non fosse un episodio isolato.