Caivano, i guappi di cartone sfidano lo Stato

NAPOLI – Diciannove colpi di pistola esplosi da un gruppo di camorristi balordi in viale delle Margherite, a Caivano, nell’oscurità del Parco Verde. Proiettili lasciati sull’asfalto di due differenti calibri. Una stesa. La solita triste esibizione di violenza e arroganza che si ripete ritualmente nelle strade dove la camorra toglie il respiro. E poi, ancora, in via Pio IX. Le pallottole, in questo caso, sono si sono conficcate nella carrozzeria di un’auto parcheggiata in strada. Stavolta in pieno giorno, perché i malavitosi che controllano Caivano vogliono farsi vedere, vogliono farsi notare, vogliono fare rumore. L’obiettivo è far capire che la reazione dello Stato, arrivata dopo l’orrore degli stupri a due cuginette minorenni, non silenzia le pistole della camorra. Una sfida, questa, che assomiglia sinistramente al modus operandi del terrorismo.

La criminalità organizzata, negli anni, ha sempre preferito far spegnere i riflettori dove lo Stato ha cominciato ad agire con presenza e determinazione. Ma questa è una criminalità fatta di ragazzini armati, di violenti cresciuti con modelli culturali da gangster da quattro soldi come quelli ammirati per anni in diverse serie tv. E allora sfilano in scooter, armi in pugno, per sfidare lo Stato, per dire a tutti che non basta un blitz per riportare la luce dove regna l’oscurità. “Ci sono persone mascherate che arrivano in moto ad alta velocità con i kalashnikov sulle spalle e sparano all’impazzata. Il quartiere va nel terrore, basta poco per morire colpito da un proiettile vagante. È pericoloso, qualcosa di inconcepibile. Le forze dell’ordine in questi giorni si stanno facendo in quattro, ma queste persone volano alla velocità della luce, avviene tutto in fretta e poi scappano via. La gente è nuovamente entrata nel terrore, è la terza volta che accade un episodio simile da quando a Caivano è venuto il Presidente del Consiglio. Io leggo questa cosa come una sfida allo Stato. Come se volessero dire che non hanno paura dello Stato, questa è la chiave di lettura”, ha raccontato don Maurizio Patriciello, parroco sotto scorta della chiesa di San Paolo Apostolo, nel cuore del parco Verde.

Da quando Giorgia Meloni ha visitato Caivano, la camorra ha aperto il fuoco già tre volte, una delle quali per ferire un uomo alle gambe. Lo Stato, al quale è stato lanciato un guanto di sfida fatto di raffiche di mitra, non può tirarsi indietro. I carabinieri, dopo la stesa, hanno ricominciato a pattugliare la zona con due auto. Al commissariato di polizia di Afragola, che ha competenza sul Parco Verde, saranno assegnati 21 nuovi agenti, alcuni dei quali saranno impegnati un presidio con una volante 24 ore su 24 nel parco Verde. Certo, una sola macchina contro un esercito di violenti sembra davvero un po’ poco. E se il personale non è sufficiente potrebbe essere opportuno utilizzare quello delle scorte. Proteggere, ‘scortare’ l’intera popolazione onesta del Parco Verde potrebbe essere più importante che accompagnare in giro politici e personaggi più o meno famosi. Ma sicuramente il presidio fisso è un primo passo avanti. Il governo nazionale ha raccolto l’appello disperato di don Patriciello a non abbassare la guardia, a mostrare i muscoli: “Presto sarò nuovamente a Caivano portando alcune misure concrete che stiamo già iniziando ad adottare.

Proseguiremo con sempre più determinazione per dare ai giovani un futuro di crescita personale, di maggiori opportunità lavorative e di libertà da ogni condizionamento delinquenziale. Lo Stato non si piega a minacce di alcun tipo”, ha detto il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara. Bisogna agire subito. O i cittadini di Caivano continueranno a vedere come unica soluzione possibile per sopravvivere quella di fuggire, di trovare una nuova casa, il più lontano possibile da quell’inferno di cemento chiamato Parco Verde. Gli unici a restare saranno i camorristi, la loro violenza, la loro droga, la loro ignoranza e i loro soldi sporchi. E a quel punto la guerra sarà persa. La bonifica, come l’ha definita la premier Meloni, va fatta oggi. Una bonifica militare, sociale, culturale, che non può più essere rimandata. Lo Stato ha dimostrato, in questi giorni, di volersi più voltare dall’altra parte. Venerdì arriverà in città il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi per presiedere il comitato per l’ordine e la sicurezza. Certamente serve un ‘Piano Marshall’. Ma va ricordato che non ci sarebbe stato alcun piano di ricostruzione senza lo sbarco in Normandia. E il D-day non può essere più rinviato.

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