Capua, appalti: per la Dda Antropoli, Ricci e Greco hanno agevolato il clan dei Casalesi

CAPUA – Se non c’è stato un verdetto sui tre episodi riguardanti, secondo la Dda, altrettante turbative d’asta relative ad appalti banditi dal Comune, è perché il Tribunale di Napoli, escludendo l’aggravante mafiosa contestata, ha dichiarato le accuse prescritte. Parliamo del processo nato dal secondo filone dell’indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, sulla gestione amministrativa di Capua, quando a guidare l’Ente c’era il sindaco Carmine Antropoli. E proprio all’ormai ex primo cittadino, all’allora consigliere comunale Marco Ricci e a chi dirigeva, all’epoca, l’ufficio Tecnico, ovvero Francesco Greco, la Procura imputa di aver contribuito a manipolare quelle procedure, favorendo nell’assegnazione dei lavori ditte riconducibili a Francesco Zagaria, alias Ciccio ‘e Brezza, esponente del clan dei Casalesi e da oltre 5 anni collaboratore di giustizia (i lavori riguardavano la riqualificazione delle vie Boscariello e Scarano, la sistemazione dei capannoni di via Mariano e il recupero urbano di Porta Napoli).
Lo scorso 8 giugno, il giudice di primo grado, con rito abbreviato, emise sentenza, in relazione a queste tre imputazioni, di non luogo a procedere. Contro tale decisione, il pubblico ministero Maurizio Giordano, titolare della complessa inchiesta capuana. ha presentato ricorso, ritenendo che l’aggravante mafiosa sia assolutamente fondata. Ha strutturato la sua tesi innanzitutto evidenziando che nello stesso processo il giudice ha “sicuramente ritenuto che Zagaria” nella vicenda degli appalti abbia agito “con finalità di agevolazione del clan”. E quando avrebbe dovuto valutare l’estensione della circostanza (l’aver agito favorendo la cosca), il giudice, ha ricordato Giordano, ha ritenuto che le dichiarazioni del pentito mancassero dei riscontri, non valutando “ciò che la Cassazione ritiene sufficiente per estendere l’applicazione della circostanza ai compartecipi”, cioè Antropoli, Ricci e Greco. A quali aspetti si riferisce il pm? Al fatto che Zagaria fosse il capozona della cosca di Casapesenna sul territorio di Capua, che il settore degli appalti fosse notoriamente di interesse del gruppo che fa capo proprio a Michele Zagaria, che la caratura malavitosa di Ciccio ‘e Brezza fosse nota ai compartecipi (elemento che la Dda ritiene di aver dimostrato con attività investigativa e sentenze relative a diversi altri procedimenti). In quest’ottica, per il pubblico ministero “è del tutto errato ritenere che solo Zagaria agisse per agevolare il clan (poiché è certo che solo lui abbia agito nell’interesse del gruppo) per la semplice ragione che non è questo che la Cassazione ritiene necessario provare per estendere la circostanza ai compartecipi”. “È sufficiente, infatti – ripercorre Giordano nel ricorso – il dolo diretto, anche sotto le forme del dolo eventuale”. Il sostituto procuratore snocciola meglio il concetto nella parte successiva del ricorso affermando che “se è provato che Antropoli e Ricci, ma lo stesso deve dirsi anche per Greco, conoscessero la statura camorristica di Zagaria, è inimmaginabile che poi non abbiano accettato anche il rischio che, mediante l’assegnazione in suo favore degli appalti, Zagaria non stesse facendo gli interessi del sodalizio.” E questo, il gup, dice il magistrato dell’Antimafia, “non lo ha minimamente affrontato”. E a questo aggiunge un’altra considerazione: il giudice di primo grado ha ritenuto Zagaria pienamente attendibile. “Perché, allora, credergli, una volta accertati i numerosi riscontri oggettivi al suo narrato, solo in parte e non anche nella fase in cui discorre di aver pienamente raccontato ai compartecipi la sua caratura mafiosa e le sue finalità?”.
Considerazioni che hanno portato il pubblico ministero a ritenere la sentenza “palesemente errata” e per tale ragione, a suo dire, va riformata in Appello. L’udienza dinanzi ai giudici della Corte partenopea, però, non è stata ancora calendarizzata. Antropoli, Ricci e Greco (assistiti dai legali Mauro Iodice, Vincenzo Maiello e Guglielmo Ventrone) sono da ritenere innocenti fino a una eventuale sentenza di condanna irrevocabile. Antropoli e Ricci, prima di affrontare il processo relativo alle loro presunte condotte irregolari connesse, secondo la Dda, alla gestione di alcuni appalti, erano finiti a giudizio con l’accusa di concorso esterno al clan dei Casalesi per aver stretto un ipotetico patto politico-mafioso proprio con Zagaria in occasione della campagna elettorale del 2016. Ma in relazione a questa pesante accusa sono stati assolti sia in primo che in secondo grado. La Corte d’appello ha pure annullato la condanna che i due avevano incassato dal Tribunale di S. Maria C.V. per violenza privata perché la vittima (un potenziale candidato consigliere che Zagaria, ritiene la Dda, su input di Antropoli e Ricci aveva convinto a non scendere in campo dandogli uno schiaffo nello studio medico di Antropoli) non aveva presentato querela..

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