CAPUA – Confermata l’interdittiva antimafia alla Antropoli Agricola srl, azienda impegnata nel settore della produzione e della vendita di vini. Socio di maggioranza per il 50 per cento è Carmine Antropoli, ex sindaco della città di Capua, che nel 2019 fu arrestato perché ritenuto responsabile di concorso in associazione mafiosa e di violenza privata. In primo grado Antropoli è stato assolto dal concorso esterno e condannato per violenza privata: la Dda di Napoli ha presentato ricorso in Appello, non ancora fissato. Intanto il chirurgo è anche a processo, in primo grado, con rito abbreviato, per turbativa d’asta e corruzione con l’aggravante mafiosa. Processo, questo, figlio della prima inchiesta e innescato dalle dichiarazioni del pentito Francesco Zagaria e dalle successive attività investigative dei carabinieri.
La società Antropoli Agricola fu colpita da interdittiva antimafia nel 2020: contro tale provvedimento ha presentato ricorso presso il Tribunale amministrativo regionale della Campania al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento emanato dal prefetto di Caserta. E’ cominciato un braccio di ferro a colpi di ricorsi che si è concluso a fine dicembre scorso: ieri la pubblicazione della sentenza. I magistrati amminstrativi hanno dato ragione alla prefettura che ha ritenuto sussistente il rischio di contaminazione mafiosa in ragione delle vicende penali dell’ex sindaco. E’ stato inoltre evidenziato che in quanto socio di maggioranza, Antropoli sarebbe “potenzialmente in grado di influire profondamente sulle scelte fondamentali della società, oltrepassando così la soglia di rilevanza del rischio di condizionamento mafioso sulla gestione della società”, riporta la sentenza.
I legali della società hanno anche lamentato che la prefettura avrebbe violato i termini di durata del provvedimento poiché la richiesta presentata alla Regione Campania risalirebbe al settembre 2018, mentre il provvedimento impugnato è stato adottato il 3 agosto del 2020 quando le esigenze che avevano portato alla richiesta si erano esaurite.
Su tale punto la magistratura amministrativa ha rammentato che “in assenza di una previsione di legge che commini la consumazione del potere per effetto del decorso del termine per provvedere, l’amministrazione resta comunque titolare delle prerogative riconosciutele dalla legge”.
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