TORRE ANNUNZIATA – Per il giudice Gabriella Ambrosino i tre manager di Cattleya sapevano tutto: a Maurizio Tini e Riccardo Tozzi e all’amministratore delegato Giovanni Stabilini che ‘casa Savastano’, situata a via Plinio, fosse l’abitazione di un camorrista ‘vero’ era noto. La convinzione del giudice lo ha spinto ad inviare gli atti alla procura di Torre Annunziata affinché valuti se in quelle carte ci sia o meno la falsa testimonianza.
Le carte in procura
Gli inquirenti dovranno analizzare le dichiarazioni rese dai tre manager durante il processo che aveva coinvolto altri due loro colleghi: il location manager Gennaro Aquino, condannato a 6 mesi per favoreggiamento, e l’assolto Gianluca Arcopinto.
Stando a quanto sostenuto dal giudice i tre avrebbero dimostrato “reticenza”. Le loro dichiarazioni gli sono apparse contraddittorie. Tino, Tozzi e Stabilini, secondo il tribunale, sapevano che la famiglia Gallo aveva estorto la produzione. Adesso toccherà agli inquirenti decidere.
Casa Savastano
La dimora oggetto del processo è stata usata nel set di Gomorra come casa del boss Pietro Savastano. Quella villa, di Francesco Gallo, era stata concesso alla produzione in affitto per 30mila euro. Avrebbero dovuto pagare la cifra in rate da 6mila euro. Poi l’arresto del ‘vero’ boss ha complicato tutto. Il camorrista continuò a pretendere il versamento della somma, da dare alla mamma. Se non l’avessero fatto, la serie, quantomeno il girarla in quella location, era a rischio. Così si decise di pagare.
La circostanza, appresa dagli inquirenti, portò all’indagine a carico di Acquino e Arcopinto con l’accusa di aver pagato la tangente e poi di aver cercato di tener nascosta la cosa agli occhi dell’Antimafia. Aquino è stato ritenuto colpevole di favoreggiamento (6 mesi), Arcopinto assolto. Ed ora altri 3 manager rischiano un processo per falsa testimonianza.