CASTELVOLTURNO – Investire denaro nell’acquisto di immobili all’asta è di per sé una strategia commerciale vantaggiosa, capace di offrire opportunità significative. Tuttavia, queste occasioni assumono un valore ancora maggiore quando la concorrenza nella procedura d’incanto viene eliminata, rendendo l’affare unico e irripetibile. Ed è proprio ciò che puntava a fare, sostiene la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, l’imprenditore Antonio Fusco, alias Lupin. Sfruttando i suoi legami con il clan Bidognetti, voleva partecipare alle aste mettendo fuori gioco, illegalmente, altri uomini d’affari interessati all’acquisto delle proprietà su cui aveva messo gli occhi. A raccontare questo presunto stratagemma è stato Vincenzo D’Angelo, genero di Francesco Bidognetti e principale riferimento della cosca fino al novembre del 2022, quando è stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa. Pochi mesi dopo il trasferimento in cella, ha iniziato a collaborare con la giustizia e nelle sue dichiarazioni ha più volte tirato in ballo Fusco, tracciandolo come un imprenditore del clan. Ha riferito che Lupin era intenzionato a mettere le mani sul centro commerciale Giolì. Era convinto che la struttura sarebbe finita all’asta, ma aveva l’esigenza di allontanare da questo affare un altro imprenditore, attivo nel settore della vendita di mobili. Per riuscirci, avrebbe avvisato il clan Bidognetti: la parte mafiosa si sarebbe dovuta occupare di spianargli la strada all’asta per concludere l’affare. “L’acquisto – ha riferito D’Angelo – sarebbe stato fatto in società con noi”. Gli arresti del 2022, però, bloccarono il presunto disegno criminoso di Fusco. D’Angelo ha anche detto che Fusco avrebbe garantito costantemente soldi alla famiglia di Cicciotto ‘e mezzanotte. “Versava somme di denaro anche a Katia Bidognetti e Carlo D’Angiolella in maniera sistematica”, circostanza che lo rendeva “una sorta di finanziaria della famiglia”.
Fusco la scorsa settimana è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa. La Dda ha chiesto e ottenuto dal giudice Marco Discepolo del Tribunale di Napoli il suo arresto con l’accusa di associazione mafiosa. Stessa contestazione fatta a Nicola Pezzella, di Casal di Principe, e Nicola Gargiulo, anche loro destinatari di un’ordinanza cautelare in carcere. L’attività investigata ha portato all’arresto per concorso esterno al clan dei Casalesi, inoltre, Hermal Hasant, albanese ma da anni stabilitosi a Castel Volturno, e Umberto Meli, accusato di estorsione. Gli indagati, assistiti dai legali Ferdinando Letizia e Danilo Di Cecco, sono da ritenersi innocenti fino a eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
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