Caso Sea Watch alla corte Ue. Braccio di ferro tra Roma e Amsterdam

La pressione per far sbarcare i migranti, intanto, aumenta. Anche il garante dei detenuti ha chiesto la fine della stallo

LAPRESSE / AFP

ROMA – Il caso Sea Watch 3 è finito all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo e tra Roma e Amsterdam è braccio di ferro. Per il governo italiano il caso appartiene all’Olanda, Paese di cui la nave batte bandiera. Ma i Paesi Bassi respingono al mittente l’invito a occuparsi dei 47 a bordo della nave, bloccata in rada da 10 giorni al largo delle coste siciliane. “Senza una soluzione globale, non prenderemo parte a misure ad hoc per lo sbarco”, fa sapere il ministero della Giustizia e della Sicurezza.

La Sea Watch alla Corte europea, l’Italia si difende

Palazzo Chigi annuncia che domani l’Italia depositerà una memoria davanti alla Corte europea dei diritti, con la quale “farà valere la giurisdizione olandese, contestando la propria legittimazione passiva”: in altri termini, affermerà che non è l’Italia a dover rispondere di questo caso, e ciò alla luce del diritto sia nazionale che internazionale. Quello che si può fare, per palazzo Chigi, è attivare un corridoio umanitario verso l’Olanda.

L’obiettivo è salvare i naufraghi a bordo dell’imbarcazione o sollevare il polverone?

La nave, per il governo, non ha scuse: ha avuto una condotta “temeraria”, perché in condizioni di mare mosso, “anziché trovare riparo sulla costa tunisina distante circa 40 miglia, universalmente considerata porto sicuro, si è avventurata in una traversata di centinaia di miglia mettendo a rischio l’incolumità dei migranti a bordo”. L’obiettivo, si chiede la Presidenza del Consiglio, era salvare i naufraghi oppure “creare un caso internazionale richiamando l’attenzione dei mass media?”.

Una delegazione del Pd sale a bordo

Intanto, la Sea Watch è sempre più isolata. Perché ora la capitaneria di porto ha interdetto lo specchio d’acqua intorno alla nave della Ong tedesca battente bandiera olandese. Questo per evitare che si apra un’altra ‘crepa’ intorno al natante, come è successo domenica con un blitz di tre parlamentari. Ma una delegazione del Pd con Maurizio Martina e Matteo Orfini è comunque riuscita, dopo accordi con il prefetto, a salire a bordo.

E ora i dirigenti dem sono indagati: gli viene contestata, spiegano, la “violazione di un dispositivo di polizia”. Ma i parlamentari ritengono che ad aver violato la legge sia stato il governo italiano: “Quanto sta avvenendo è illegale, presenteremo un esposto in procura perché pensiamo che la permanenza sulla nave sia fuori da ogni norma”, fa sapere Matteo Orfini. “Basta guardare negli occhi quelle persone per capire che è disumano quello che stanno facendo. Fateli sbarcare, fateli sbarcare, fateli sbarcare”, tuona Martina.

La vigilanza del presidente Mattarella

Su tutti vigila, silente, il presidente della Repubblica. Sergio Mattarella segue da vicino la situazione e auspica una soluzione. Non ci si dimentica che fu il suo intervento, una sorta di sollecitazione nei confronti del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a sbloccare l’impasse della Diciotti.

E come sul caso dell’imbarcazione della Guardia costiera italiana, anche per la Sea Watch è in atto un braccio di ferro tra il ministro dell’Interno e la magistratura. Salvini aveva annunciato di voler denunciare l’equipaggio anche per aver violato le leggi ed essersi diretto verso l’Italia, anziché verso la Tunisia, in vista del peggioramento delle condizioni meteo.

Il procuratore ha avviato un’indagine sul caso

Sul tavolo del procuratore Fabio Scavone c’è un fascicolo aperto senza ipotesi di reato, ma il magistrato ha voluto fare almeno due puntualizzazioni: per ora nessuno risulta indagato, tantomeno il comandante della nave. E il sequestro dell’imbarcazione non è stata preso neanche in considerazione. Secondo Scavone “il comandante non ha commesso alcun reato, ha scelto la rotta per lui più sicura”. Anche la Sea Watch si difende sostenendo che la Tunisia, interpellata come possibile porto sicuro, non ha mai risposto alla richiesta.D

Interviene anche il garante dei detenuti

La pressione per far sbarcare i migranti, intanto, aumenta. Anche il garante dei detenuti, Mauro Palma, ha chiesto la fine della stallo ritenendo la “detenzione illecita”. Sotto una pioggia incessante, poi, al grido di ‘fateli scendere’ centinaia di persone hanno partecipato alla manifestazione ‘Non siamo pesci’, convocata da Radicali Italiani e A Buon diritto.

L’appello di papa Francesco

Rientrando da Panama, Papa Francesco torna ad appellarsi ai leader europei, perché diano un contributo concreto per i Paesi africani da cui in troppi sono costretti a fuggire: “I migranti o vengono per fame o vengono per guerra – dice -: bisogna investire dove c’è la fame”. Al momento, però, intorno alla Sea Watch c’è un grande silenzio che nessuno sembra voler rompere.

(LaPresse/di Denise Faticante e Maria Elena Ribezzo)

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