Caso Siri, Nicastri: “Non so se sapesse dei soldi. Lo conobbi in casa Arata”

Si rischia di creare nuovi pesanti imbarazzi alla Lega

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

ROMA – Le testimonianze del re dell’eolico Vito Nicastri e del figlio Manlio, seppure non aggiungono nulla di penalmente rilevante all’inchiesta per corruzione sull’ex sottosegretario leghista Armando Siri, rischiano di creare nuovi pesanti imbarazzi al suo partito.

L’intercettazione ad Arata

L’incidente probatorio davanti alla gip di Roma Emanuela Attura conferma l’intercettazione ambientale dello scorso settembre. In cui Arata, alla presenza del figlio Francesco e di Manlio Nicastri, si era detto pronto a promettere denaro all’allora sottosegretario. Né Vito Nicastri né il figlio Manlio, però, hanno in alcun modo confermato che Siri sapesse qualcosa della faccenda. “Ho sentito dire di questa promessa di 30 mila euro“, sostiene Manlio davanti alla giudice. “Ma se fosse solo un’intenzione di Arata, o Siri ne fosse a conoscenza, non saprei dire”.

Gli ultimi sviluppi sul caso Siri

A oggi insomma non c’è prova che Siri sapesse di quel denaro, ma dall’incidente probatorio emerge anche altro. Perché Vito Nicastri afferma di aver incontrato Siri a casa di Arata e la circostanza, seppure smentita dall’ex parlamentare di Forza Italia e priva di alcun rilievo penale, può diventare un ulteriore problema per Siri. Che ha sempre negato di aver conosciuto il re dell’eolico siciliano, ritenuto dalla procura di Palermo vicino ad ambienti di mafia.

La testimonianza di Nicastri

Gli inquirenti si dicono soddisfatti del fatto che i Nicastri abbiano confermato l’intercettazione attorno alla quale ruota l’intera inchiesta, ma l’atto istruttorio rischia di diventare un autogol per la procura. E non è un caso che il difensore di Siri, Fabio Pinelli, prima di lasciare Piazzale Clodio commenti: “È emerso, in modo inconfutabile, che non solo non c’è stata alcuna dazione di denaro ma neanche nessuna offerta. Ovviamente se ci fosse stata sarebbe stata rifiutata da Siri”.

L’ipotesi degli inquirenti

Secondo chi indaga, in cambio di 30 mila euro promessi da Paolo Arata, l’ex sottosegretario leghista avrebbe “asservito” “l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri ad interessi privati” dell’imprenditore. Obiettivo di Arata era arrivare all’approvazione di un emendamento, mai andato in porto, contenente una serie disposizioni in materia di incentivi per il ‘mini-eolico’. Che avrebbe avvantaggiato le aziende sue e di Nicastri.

(LaPresse/di Alessandra Lemme)

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