Castel Volturno: a Fusco, grazie ai Bidognetti, i locali accanto al Portoricano e a Fontana Blu

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Antonio Fusco Lupin, Gianluca Bidognetti Nanà e Vincenzo D'Angelo Biscottino

CASTEL VOLTURNO – C’è chi picchia, chi spara, chi chiede il pizzo, chi fa le truffe, chi smercia droga: ruoli criminali importanti per l’esistenza di qualsiasi organizzazione mafiosa. Ma ancor più decisivo è chi finalizza i loro guadagni, cioè gli imprenditori che raccolgono, investono – e quindi ‘lavano’ – il denaro raccolto da estorsori, spacciatori e raggiratori. Bloccare chi fa affari per conto delle cosche mafiose significa svuotarle, rendere vane (almeno in parte) le loro azioni violente. Ed è per tale ragione che la Dda di Napoli continua a dedicare molte delle proprie energie all’individuazione dei colletti bianchi collusi con i Casalesi.

L’arresto di Antonio Fusco, alias Lupin, rientra proprio in questo schema. Per l’Antimafia partenopea è stato un importante riferimento imprenditoriale del gruppo Bidognetti, guidato dal carcere da Gianluca Nanà – figlio del capocosca Cicciotto ‘e mezzanotte – è neutralizzarlo significa creare un ingente danno finanziario alla compagine mafiosa. Fusco avrebbe garantito denaro alla famiglia Bidognetti in cambio degli aiuti ricevuti per concretizzare svariati affari. In alcune circostanze, sostiene l’accusa, avrebbe anche avuto affiliati come propri partner in diversi business.

Lupin è stato arrestato lo scorso 7 aprile: stando agli elementi raccolti dai carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa, ha sfruttato la forza intimidatrice dei Bidognetti nelle aste per comprare numerosi immobili.
Tra questi, ha riferito Vincenzo D’Angelo, detto Biscottino, collaboratore di giustizia (e genero di Cicciotto ‘e mezzanotte), ci sono i locali che si trovano a fianco al pub Portoricano al Villaggio Coppola (nel tondo), usati in origine come rimessaggio di barche e poi trasformati da Fusco in un deposito per una delle sue attività.
Cosa avrebbe fatto il clan? Sarebbe intervenuto affinché nessun altro partecipasse all’asta, in modo tale da consentire a Fusco, o a chi egli stesso aveva delegato, di ottenere facilmente la proprietà.
D’Angelo ha riferito che, in occasione di questo immobile, sarebbe intervenuto presso un altro imprenditore castellano che aveva un’attività in zona e che era molto interessato all’acquisto.
Fusco, a detta del collaboratore di giustizia, si sarebbe aggiudicato anche altri locali commerciali finiti all’asta che si trovano alle spalle del residence Fontana Blu. In questa circostanza, D’Angelo, per garantire l’operazione, sarebbe dovuto intervenire addirittura nei confronti di un proprio familiare, imprenditore, per farlo desistere e non partecipare alla stessa asta in cui avrebbe gareggiato Lupin.
Nell’elenco di questi business rientrerebbe anche l’area ex Semetini – ne abbiamo già scritto, – su cui c’era l’idea, mai concretizzata, di sfruttarla per realizzare un McDonald’s.
In relazione ai locali adiacenti al Portoricano, D’Angelo ha riferito di aver ricevuto da Fusco 30mila euro; invece, per quelli alle spalle di Fontana Blu, 3mila euro per ogni struttura rilevata dall’imprenditore.
Si tratta di somme, ha chiarito Biscottino, che poi riversava nella cassa del clan a beneficio di tutti i detenuti.
Nei giorni scorsi il Riesame ha valutato l’ordinanza cautelare emessa dal giudice Marco Discepolo per Fusco, decidendo di confermarla.
Con Lupin, difeso dall’avvocato Ferdinando Letizia, l’inchiesta ha portato in carcere anche Nicola Gargiulo Capitone, di Parete, difeso dal legale Michele Basile, Nicola Pezzella Palummiello, assistito dal legale Danilo De Cecco, tutti accusati di associazione mafiosa, e Hermal Hasanay, albanese residente a Castelvolturno, che risponde di concorso esterno al clan e pizzo.
Per Pezzella, in realtà, l’ordinanza è stata annullata dal Riesame, che ha ritenuto gli elementi a lui contestati già in possesso della Dda quando, nel 2023, lo aveva arrestato per estorsione (e resta in carcere proprio per quella vicenda estorsiva).
È in prigione con l’accusa di estorsione, infine, anche Umberto Meli, di Castelvolturno.
Tutti gli indagati sono da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
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