Castellammare, omicidio Paolino: presi due uomini ritenuti vicini al clan D’Alessandro

L'uomo fu ammazzato nel 2005: secondo la Dda l’uomo aveva scelto di appoggiare i ‘ribelli’ Scarpa-Omobono. Uno degli arrestati è il figlio del boss Verdoliva.

Antonio Occidente e Luciano Verdoliva
Antonio Occidente e Luciano Verdoliva

Sono ritenuti responsabili dell’omicidio di Carmine Paolino, avvenuto a Scanzano nel 2005. Per questo motivo sono scattate due misure cautelari in carcere per Luciano Verdoliva (46 anni, a destra) e Antonio Occidente (50, a sinistra), entrambi ritenuti vicini al clan D’Alessandro. Gli inquirenti hanno così risolto un cold – case che ha segnato la faida tra cosche nella città stabiese.

Ieri mattina i carabinieri del gruppo di Torre Annunziata hanno eseguito le misure emesse dal gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti dei due pregiudicati stabiesi. Verdoliva e Occidente sono ritenuti gravemente indiziati di concorso nell’omicidio di Paolino, aggravato dalla premeditazione e dall’aver commesso il reato con la finalità di agevolare l’organizzazione camorristica dei D’Alessandro.

Un clan che, per gli inquirenti, è egemone a Castellammare di Stabia. Verdoliva è stato arrestato all’interno del ristorante Le Tre Caravelle, che lui stesso gestiva in villa comunale. Il ras dei D’Alessandro è figlio di Giuseppe Verdoliva, pezzo da novanta del clan ucciso proprio nella faida del 2005 dal clan Scarpa-Omobono. Il ristorante è poi stato ispezionato dal Nas. In seguito ai controlli sono stati sequestrati 50 kg di prodotti ittici privi di tracciabilità.

Il locale è stato diffidato per carenze igienico sanitarie e sanzionato con 3500 euro di multa. Il ristorante non è stato chiuso. Il provvedimento scaturisce in seguito a plurimi riscontri investigativi alle convergenti dichiarazioni accusatorie di due collaboratori di giustizia. Proprio dalle dichiarazioni dei pentiti sarebbero emersi: il coinvolgimento dei due destinatari del provvedimento cautelare quali esecutori materiali dell’omicidio, in quanto avrebbero attirato con una scusa la vittima all’interno di un’autovettura per poi ucciderla con due colpi di pistola alla testa, abbandonandone il cadavere in strada.

La finalità mafiosa dell’azione criminale, volta ad affermare il potere del clan D’Alessandro sul territorio. Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e quindi presunte innocenti fino a sentenza definitiva. Carmine Paolino fu ucciso all’età di 28 anni. Il suo cadavere fu trovato dagli investigatori nel rione Scanzano, roccaforte dei D’Alessandro.

Paolino scelse di parteggiare per il gruppo scissionista facente capo agli ex cutoliani scarcerati Massimo Scarpa e Michele Omobono, che però uscì perdente da quello scontro. I D’Alessandro decisero però di punire i traditori, quindi anche Paolino, che nel frattempo era rientrato nel clan malgrado la sua partecipazione, durante la faida, all’omicidio eccellente di un elemento di spicco del clan, Antonio Martone. Per gli inquirenti Verdoliva si sarebbe così vendicato della morte del padre, ucciso durante un agguato a pochi passi dallo stabilimento di Fincantieri.

L’omicidio di Paolino fu invece commesso in via Sant’Andrea (nei pressi della strada che conduce alla statale sorrentina, meglio conosciuta come Panoramica) la sera del primo marzo 2005. Paolino era noto alle forze dell’ordine per attività illegali connesse allo spaccio di droga e per reati contro il patrimonio. Fu ucciso con un colpo solo sparato in pieno volto. Secondo quanto emerso dalle indagini, Paolino fu ucciso per qualche sgarro compiuto nel mondo dello spaccio di droga, con ogni probabilità proprio contro il clan D’Alessandro.

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