NAPOLI – Un ostacolo alla transizione verso sistemi alimentari più sostenibili dal punto di vista ambientale è la mancanza di informazioni dettagliate sull’impatto ambientale. Un passo fondamentale per consentire la transizione verso un sistema alimentare ambientalmente sostenibile è stimare, e quindi comunicare, gli impatti ambientali dei prodotti alimentari in commercio. E’ questo il punto di partenza di uno studio condotto da un gruppo di esperti dell’Università di Oxford e pubblicato di recente su Pnas. L’equipe ha utilizzato le informazioni pubbliche disponibili di oltre 57mila cibi e bevande comunemente venduti nei supermercati inglesi, e li ha classificati in base a quattro parametri: emissione di gas serra, consumo di suolo, consumo di acqua e il potenziale di eutrofizzazione, ovvero la quantità di fosfati rilasciati nell’acqua o nell’aria. Analizzando i vari aspetti è emersa l’impronta ambientale dei cibi in esame, e di conseguenza una sorta di classifica sugli alimenti meno ecologici. Il risultato è per certi versi sorprendente.
METODO
Analizzando le informazioni disponibili sono stati sviluppati degli algoritmi, ed esaminate sia la correlazione tra gli impatti ambientali e nutrizionali dei prodotti alimentari che la variazione degli impatti ambientali e nutrizionali di alimenti simili e potenzialmente sostituibili. Per i prodotti è stato ricavato un unico punteggio composito stimato di impatto ambientale per 100 grammi di prodotto che va da 0 (nessun impatto) a 100 (impatto massimo). Sono stati quindi ordinati in 110 categorie di alimenti e classificati in base all’impatto ambientale.
CIBI ‘COMPOSTI’
Lo studio è particolarmente innovativo perché, di solito, ad essere sotto esame sono alimenti “base” come frutta, carne e grano. Ma la maggior parte dei prodotti alimentari che troviamo al supermercato contiene invece numerosi ingredienti. Così troviamo nel dossier, ad esempio, l’analisi delle salse al pesto, delle bibite e anche dei biscotti. A fare la differenza nella valutazione dell’impronta ecologica non sono tanto gli ingredienti, ma i sistemi di produzione: per il pesto sono stati analizzati quelli con e senza frutta secca. La discriminante potrebbe essere la difficoltà di approvvigionamento di noci e pinoli, ma in realtà le salse che li contengono possono avere un impatto ambientale significativamente inferiore se provenienti da sistemi di produzione efficienti. Lo stesso vale per i biscotti: quelli al cioccolato hanno un impatto ambientale inferiore rispetto ai biscotti ‘semplici’ (senza cioccolato) se provengono da produzioni più sostenibili.
LA CLASSIFICAZIONE
Dallo studio emerge che spesso i prodotti più nutrienti sono più sostenibili dal punto di vista ambientale, ma ci sono eccezioni a questa tendenza e gli alimenti, che i consumatori possono considerare sostituibili, possono avere impatti notevolmente diversi. I tipi di alimenti che hanno un basso impatto ambientale possono essere ad esempio bevande zuccherate, frutta, pane, quelli con impatto intermedio molti dolci e pasticcini, mentre tendenzialmente hanno un’impronta alta carne, pesce e formaggio. Lo studio ha confermato che, in generale, i prodotti a base di cereali, frutta e verdura, hanno un impatto ambientale molto più basso rispetto ai prodotti a base di carne, pesce e derivati. Ma, aspetto più importante, il report ha mostrato come ci sia una grande varietà di impronta ecologica per la stessa tipologia di prodotto: non tutti i biscotti, le salse, i cibi confezionati o le verdure sono uguali.
POCHE INFORMAZIONI
La scarsità di informazioni rende difficile la scelta. Eppure queste informazioni sono sempre più richieste. I consumatori vogliono prendere decisioni sulla sostenibilità ambientale degli alimenti, le aziende alimentari stanno fissando ambiziosi obiettivi di zero emissioni di gas serra e i rivenditori di generi alimentari stanno iniziando ad implementare le etichette di qualità ecologica. Ma, come dimostra lo studio, c’è ancora molto da fare.
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