CASAPESENNA – Pentimenti, arresti e confische hanno determinato negli ultimi anni un costante indebolimento della cosca Schiavone: perdendo affiliati, ha fisiologicamente allentato la presa su territori dove storicamente aveva un ruolo criminale di primo piano. Chi ne ha tratto vantaggio è stato soprattutto il gruppo Zagaria: con i colleghi Casalesi in ritirata, si è fatto avanti e ampliato il proprio raggio d’azione in Terra di Lavoro.
A confermare questa nuova geografia malavitosa è stato Ciccio ‘e Brezza, al secolo Francesco Zagaria, colletto bianco della compagine casapesennese con alle spalle anche la partecipazione ad alcuni omicidi. Nel 2018 ha iniziato a collaborare con la giustizia e ai magistrati dell’Antimafia ha raccontato come l’ormai suo ex gruppo aveva conquistato un ruolo di riferimento mafioso pure nell’Agro caleno. Il pentito ha raccontato che Maria Giuseppa Lubrano chiese aiuto a Filippo Capaldo, nipote e ‘delfino’ del boss Michele Zagaria ‘Capastorta’. Il fatto che si sarebbe rivolto a lui e non a un esponente degli Schiavone è emblematico del cambio degli equilibri delinquenziali nell’Agro caleno.
La Lubrano, ora settantenne, di Pignataro Maggiore, era la moglie del boss Raffaele Ligato, scomparso il 22 ottobre 2022, e sorella del mafioso Vincenzo Lubrano, deceduto nel 2007. Si rivolse a Capaldo per chiedergli un suo intervento: avrebbe dovuto attivarsi per allontanare dalla vicina Calvi Risorta un’agenzia di pompe funebri che faceva concorrenza a un’altra che aveva legami con la mafia di Pignataro Maggiore. Ciccio ‘e Brezza ha riferito che Capaldo si rivolse a lui, in quanto referente del clan su Capua, affinché allontanasse con metodi camorristici questi imprenditori.
Tali informazioni date dal pentito sono state inserite nell’indagine dei carabinieri della Compagnia di Capua e della stazione di Pignataro Maggiore che, a gennaio 2023, portò all’arresto di Pietro, Felicia e Antonio Raffaele Ligato, i figli di Maria Giuseppa Lubrano, accusati di estorsione con l’aggravante mafiosa ai danni della società di onoranze funebri che gli Zagaria avrebbero aiutato mettendo fuori gioco la rivale che si stava muovendo a Calvi Risorta. L’inchiesta coinvolse anche la Lubrano, ma venne messa sotto indagine, sempre per estorsione, a piede libero. Lo scorso febbraio è arrivato il verdetto del Tribunale di Napoli: tutti assolti in relazione al pizzo che avrebbero chiesto all’agenzia di pompe funebri e condannato solo Pietro Ligato per una tentata estorsione relativa a un lotto del cimitero di Pignataro Maggiore. Verdetto di colpevolezza a un anno e 2 mesi anche per Fabio Papa, ritenuto responsabile di lesioni a persone a danno di un operaio, reato che avrebbe commesso in concorso con Pietro Ligato.
Nei giorni scorsi il giudice Antonio Baldassarre ha depositato le motivazioni della sentenza e al loro interno ha inserito le dichiarazioni di Zagaria sui presunti contatti tra Lubrano e Capaldo. A comporre il collegio difensivo degli imputati coinvolti in questo procedimento, che ora probabilmente approderà in Appello, gli avvocati Carlo De Stavola, Emilio Martino e Marco Argirò.
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