Chilometri e chilometri di scavi da realizzare per installare la nuova rete elettrica: significava lavoro, tanto lavoro e, di conseguenza, denaro, tanto denaro. Un’occasione ghiotta per fare business che il clan dei Casalesi non si lasciò sfuggire. E così, negli anni Novanta, la cosca che faceva riferimento al capoclan Francesco Schiavone Sandokan si preoccupò di inserire in questo settore (presunti) imprenditori amici, ovvero Nicola Schiavone ‘o munaciello, ex assessore di Casal di Principe, e il fratello Vincenzo ‘o trik (già coinvolto nel processo Spartacus): a raccontarlo alla Dda è stato il primogenito del boss Sandokan, Nicola, collaboratore di giustizia dal 2018. A sfruttare l’affare scavi, però, non fu solo la cosca Schiavone, ma pure l’ala sanciprianese del clan. “Quando escono (tornano in libertà, ndr) Raffaele Diana ‘Rafilotto’ e Giuseppe Caterino ‘Peppinotto’ – ha informato il pentito – rivendicarono una sorta di quota di quei lavori e misero a competere Peppe Iannone con Vincenzo Schiavone”.
Questo accade quando Nicola Schiavone, con il padre Francesco ormai al 41 bis, inizia ad avere un ruolo di primo livello nel clan dei Casalesi. E dinanzi a questo ‘scontro’ tra ipotizzati imprenditori legati alla mafia, ha riferito ai magistrati che egli stesso fu costretto a intervenire: “Incontrammo Peppe Iannone e mediammo che una piccola parte la faceva lui, ma comunque i proventi dovevano essere dati a noi. […] Portava la quota a Peppinotto e a Rafilotto. Stabilimmo noi le quote e come riscuoterle. La prima volta – ha aggiunto il primogenito di Sandokan – ne parlai io e Peppe Misso proprio con Peppe Iannone e con Enzuccio ‘o trik a casa di Nicola Schiavone ‘o russ. Successivamente lo incontrai solo io (Iannone, ndr) perché Misso andò latitante.”
Successivamente, tra il 2005 e il 2007, il pentito Schiavone ha sostenuto che Iannone si staccò dai sancirpianesi: “Venne a chiedere di potersi aggregare al nostro gruppo come persona di riferimento. Siccome Vincenzo Schiavone si stava anche lui defilando, sotto questo punto di vista, mettemmo pure Iannone, accordandoci che poteva rispondere in accordo con Vincenzo e così riconoscendo una piccola parte a Peppinotto che comunque era detenuto e questo appuntamento (con Iannone, ndr) lo abbiamo trattato io, Franco Barbato (Ciccio ‘o sbirro, anche lui pentito, ndr), il genero di Giuseppe Caterino e Antonio Basco Pagliarone.”
Queste dichiarazioni sono state depositate dalla Dda nel processo, ancora in corso, dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, a carico dei fratelli Nicola e Vincenzo Schiavone, accusati di associazione mafiosa, difesi dai legali Umberto Del Basso De Caro, Elia Rosciano e Esposito Fariello. Iannone, invece, che fu coinvolto in un’inchiesta diversa rispetto a quella che ha tirato in ballo ‘o munaciello e ‘o trik, è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa ed ora a novembre dovrà affrontare il processo in Corte d’appello su ricorso della Dda di Napoli. Ad assisterlo è il legale Ferdinando Letizia.
Clan dei Casalesi, assoluzione per l’imprenditore Iannone
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