L’intreccio Schiavone e mondo Ferrovie. Gli investigatori: “Incontri ogni settimana con l’ad Gentile”

A monitorarli i carabinieri di Caserta. La testimonianza di Greco, ex direttore Acquisti di Rfi: “Frequentava assiduamente i nostri uffici”

Foto Claudio Furlan LaPresse. L'ex Ad Rfi Maurizio Gentile (non indagato)

CASAL DI PRINCIPE – C’è un livello basso, animato da chi vive la provincia e cerca di controllarla fisicamente, da chi ha il contatto diretto con i commercianti e gli imprenditori locali. E’ c’è un livello alto, in cui i protagonisti sono stati abili, negli anni, a mettere chilometri e chilometri tra loro e la base mafiosa che li ha ‘lanciati’. Come? Frequentando la capitale, indossando vestiti eleganti, imparando ad avere atteggiamenti distinti e ottenendo lauree prestigiose. Per quale ragione? Per muoversi leggeri, senza portarsi dietro il marchio, pesantissimo, del legame con la criminalità organizzata.

‘Qui qui’

Questa dei due livelli è una caratteristica riscontrabile in cosa nostra, nella ‘ndrangheta e pure nel clan dei Casalesi.  E tra chi conterebbe, tanto, nel livello alto della mala casertana, secondo la Procura distrettuale di Napoli figura Nicola Schiavone, alias Qui qui, ex insegnante, prestato prima alla politica locale e poi all’imprenditoria, e padrino del primogenito (suo omonimo) del boss Francesco Sandokan.
Riportando le parole di Giuseppina Nappa (l’ex consorte di Sandokan), raccolte dalla Dda nel 2019, Qui qui ha usato il “lievito madre” preparato dal marito capoclan (un mix di contanti e forza d’intimidazione della cosca) per diventare ciò che è adesso. Cosa? Un faccendiere in grado di relazionarsi con parlamentari, sottosegretari e ministri, di inserirsi in business gestiti da colossi, con base a Roma, che operano in settori strategici della nazione.

Il rapporto con Gentile

Schiavone, affermano i carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, sarebbe arrivato a frequentare con costanza persino Maurizio Gentile. Chi è? Un ingegnere originario di Sulmona. Nel luglio 2014 venne nominato amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, incarico che ha ricoperto fino al 2020.
Gentile e Schiavone, dicono i militari, avrebbero avuto incontri pressoché settimanali. Presunta relazione che, indirettamente, trova conferma nelle dichiarazioni rese da Edgardo Ugo Stefano Greco, fino al marzo 2018 responsabile della Direzione acquisti di Rfi. Ai carabinieri, il 3 aprile 2019, disse che Nicola Schiavone gli era stato presentato nel 2015 da tale Umberto Lebruto come persona che aveva conoscenze politiche, anche nell’ambito del management ferroviario, e che frequentava assiduamente gli uffici di Rfi. “Successivamente al mio trasferimento dalla direzione Acquisti – ha raccontato Greco -, Schiavone mi rappresentò la sua volontà di volersi interessare con Gentile per un mio ritorno in Rfi, cosa per la quale avevo già presentato formale richiesta allo stesso ingegnere Gentile”.

Le accuse a Schiavone

Secondo i pm Antonello Ardituro e Graziella Arlomede,  Qui qui avrebbe sfruttato le sue entrature politiche e quelle nel mondo Rfi per garantire ad una schiera di società a lui riconducibili importanti appalti. E parte dei guadagni ottenuti sarebbero stati destinati alla famiglia mafiosa che già alla fine degli anni Ottanta aveva puntato su di lui.
La Procura di Napoli è convinta che Qui qui sia stato in grado di accaparrarsi commesse da Rfi corrompendo alcuni manager, come Pierfrancesco Billotti, dal 2015 al 2018 responsabile delle Tecnologie, Paolo Grassi, da 2016 al 2019 direttore della Direzione ingegneria, Massimo Iorani, dal 2018 al 2019 direttore di produzione di Rfi, e Giulio Del Vasto, direttore della Dtp di Ancona e di Napoli tra il 2017 e il 2019. Offrendo loro doni vari e la promessa, in alcuni casi, di sfruttare la sua incidenza su alcuni politici per agevolarli nella carriera in Rfi, avrebbe spinto i quattro ad assumere condotte che lo favorivano, afferma l’accusa, nelle assegnazioni dei lavori. Tesi, logicamente, che dovrà passare al vaglio dei giudici.

Verso il processo

Nicola Schiavone affronterà ad ottobre l’udienza preliminare insieme ai quattro ex dirigenti di Rfi e ad altri 63 imputati. L’inchiesta che ora rischia di trascinarli a processo ha interessato pure un altro tema (slegato dal mondo Ferrovie): le attività di Dante Apicella, detto Damigiana (filone seguito dalla Dia), uomo d’affari di Casal di Principe, già condannato per mafia nel processo Spartacus. Stando alla tesi della Procura, Diana dopo aver scontato quel verdetto, avrebbe  messo in piedi una nuova schiera di imprese per ottenere appalti pubblici e continuare ad offrire sostentamento ad esponenti del clan.

Tornando al filone Schiavone-Ferrovie, l’ex ad Gentile è estraneo all’inchiesta condotta dalla Procura di Napoli: l’aver (eventualmente) frequentato Qui qui non significa automaticamente macchiarsi di un ipotizzato reato (e Schiavone, sia chiaro, è da considerare innocente fino ad eventuale sentenza passata in giudicato). Non è da escludere neppure che Qui qui quando si relazionava con altri manager di Rfi esagerasse sulle proprie possibilità di pesare sui vertici della società. Dinamiche che, nei prossimi mesi, saranno tutte analizzate nelle aule dei tribunali. Ma in attesa dei verdetti, se la Dda ha inserito il focus dei militari dell’Arma sui presunti rapporti con Gentile (che nulla c’entra con le ipotizzate attività illegali contestate a Schiavone) è per dimostrare la capacità che il casalese ha avuto di arrivare a bussare a porte (e farsele aprire) di uffici prestigiosi e strategici di aziende fondamentali per l’Italia.

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