Clan dei Casalesi, trovate a Lusciano le armi. Grazie al pentito Lanza individuati kalashnikov, fucile a pompa e caricatori

2028
Gianluca Bidognetti ed Emanuele Libero Schiavone

CASAL DI PRINCIPE – CASAL DI PRINCIPE (Giuseppe Tallino) – Il silenzio è durato anni: una strategia mafiosa voluta dai boss, per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine e continuare a gestire indisturbati i propri affari. E quando qualche affiliato ha violato questa direttiva, a bloccare sul nascere i rigurgiti di violenza ci hanno pensato gli investigatori, evitando che il clan dei Casalesi tornasse a spargere sangue in Terra di Lavoro. Negli ultimi anni, però, si è comunque registrata una pulsione che ha portato a pianificare agguati e a trasformare nuovamente le strade in teatro di raid di piombo.

L’elemento che rende possibile questa tensione è la forte presenza di armi sul territorio: tante quelle che circolano in provincia e tante quelle ancora nascoste durante le varie faide che hanno attraversato il clan dei Casalesi. Grazie al contributo di collaboratori di giustizia, gli investigatori – coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli – stanno procedendo a individuarle e sequestrarle. E rientra in questa attività il blitz eseguito dai carabinieri nel febbraio di due anni fa. Antonio Lanza, alias Piotta, capozona per i Bidognetti sul territorio di Lusciano, ha indicato vari punti in cui i Casalesi avevano nascosto delle armi. Tra questi il cavalcavia situato nei pressi dell’autoricambi Copal.

Il collaboratore ha riferito ai magistrati dell’Antimafia che lì dovevano esserci dei borsoni collocati sotto il ponte della superstrada, armi risalenti al periodo dell’omicidio di Francesco Pezzella. I carabinieri, seguendo le indicazioni, hanno trovato due kalashnikov, un fucile a pompa, tre caricatori completi di cartucce calibro 7,62×39 millimetri e altro vario munizionamento. Lanza aveva anche indicato un ristorante (rivelando le informazioni ricevute da Giosuè Fioretto) dove sarebbero state nascoste armi che i Bidognetti erano pronti a usare per eliminare Antonio Fucci (ora in carcere), l’uomo che aveva messo in piedi un gruppo criminale per ostacolare l’avanzata della cosca dei Casalesi. In quel caso, però, i carabinieri non hanno trovato nulla.

La presenza delle armi sotto al cavalcavia di Lusciano dimostra come esista ancora una rete di nascondigli in cui le varie formazioni del clan dei Casalesi conservano il loro arsenale. E le recenti attività investigative hanno registrato pericolose pulsioni violente: dallo scontro tra i Bidognetti e Fucci sul Litorale, al clima creatosi con il recente ritorno in libertà (durato pochi mesi) di Emanuele Libero Schiavone; dagli ordini di morte impartiti dal carcere da Gianluca Bidognetti, detto Nanà (adesso al 41 bis), fermati solo dagli stessi affiliati che non volevano attirare nuovamente l’attenzione delle forze dell’ordine, fino al piano di agguati programmati per eliminare imprenditori che avevano denunciato, sventati in extremis dai carabinieri. Segnali che la Dda ha raccolto e in relazione ai quali ha alzato al massimo le antenne, per impedire che in Terra di Lavoro la mafia torni a spargere sangue.

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