Da Roma a Napoli passando per Casal di Principe. Mercoledì i carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta hanno fatto tappa anche a casa di Nicolina Coppola, moglie di Walter Schiavone, boss e fratello del capoclan Francesco Sandokan. I controlli a casa della donna (via Bologna) assistita dall’avvocato Mauro Valentino, sono stati innescati dall’indagine sulle presunte ingerenze della camorra negli appalti banditi da Rfi.
L’inchiesta, coordinata dai pm Graziella Arlomede e Antonello Ardituro, supervisionati dal procuratore aggiunto Luigi Frunzio, avrebbe fatto emergere episodi di corruzione e turbative d’asta, condotte illecite tese, questa la tesi della Dda, a veicolare lavori di Rete Ferovviaria Italiana a ditte considerate vicine ai Casalesi.
Al centro dell’attività investigativa figurano due business-men: Nicola e Vincenzo Schiavone, parenti (non troppo prossimi) di Sandokan, nati e cresciuti a Casal di Principe, ma da diversi anni residenti a Napoli.
Nicola Schiavone, negli anni Novanta è stato ex assessore alle Finanze della giunta di Francesco Schiavone (omonimo del leader dei Casalesi): l’uomno venne coinvolto e assolto nel processo Spartacus Uno. Stando a quanto accertato dagli investigatori era legato a Sandokan al punto da battezzargli il primogenito, Nicola, da luglio divenuto collaboratore di giustizia. E proprio le sue dichiarazioni da pentito sono confluite nel fascicolo di inchiesta sugli appalti di Rfi. Il figlio del leader dei Casalesi alla Dda sta indicando i colletti bianchi che avrebbero fatto affari con esponenti della cosca. E il rapporto tra insospettabili e mafia casertana avrebbe garantito negli anni l’arrivo di denaro ai familiari degli affiliati e, più in generale, la sopravvivenza dell’organizzazione camorristica.
Degli imprenditori Nicola e Vincenzo Schiavone ha parlato anche Giuseppina Nappa: la donna, con l’altro figlio Walter, ha aderito al programma di protezione connesso al pentimento del primogenito Nicola.
Oltre agli Schiavone, inquisiti per associazione mafiosa, sono sotto inchiesta anche Massimo Iorani, già capo della Direzione acquisti di Rfi, l’ingegnere Paolo Grassi, dirigente di produzione, e Giuseppe Russo, dirigente del dipartimento di Napoli dei trasporti ferroviari, con sede a Gianturco. Mercoledì i carabinieri, diretti dal tenente colonnello Nicola Mirante, hanno perquisito e acquisito materiali cartaceo e informatico nelle sedi di Roma e di Napoli di Rete Ferroviaria Italiana. Blitz anche negli uffici delle aziende, per la Dda riconducibili al clan, che si sarebbero aggiudicati gli appalti.
L’indagine è ancora alle battute iniziali. Le analisi del materiale rivenuto nei locali sottoposti a controllo servirà per riscontrare intercettazioni e dichiarazioni dei collaboratori di giustizia già in possesso degli investigatori.