SAN FELICE A CANCELLO – Per la Procura distrettuale di Napoli è Filippo Piscitelli il “promotore ed organizzatore” del gruppo criminale smantellato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta. La cricca, sostiene la Dda, era specializzata nello smerciare hashish, marijuana e cocaina nella Valle di Suessola ed è stata attiva fino al 2020. A comporla, stando alla tesi dell’Antimafia, c’erano oltre 40 elementi.
Piscitelli, secondo gli inquirenti, oltre a tenere in mano le redini dello spaccio si sarebbe pure occupato di sostenere economicamente le famiglie dei detenuti della zona, a lui direttamente e indirettamente legati, reperendo, in alcuni casi, gli avvocati e pagando le relative spese legali.
Tornando alla gang dello spaccio, un gradino più sotto a Piscitelli nell’ipotizzata piramide criminale ci sarebbe stato Domenico Nuzzo detto Mimmariello. Commerciare stupefacente è una delle attività illecite più remunerative. Ma è un business che per essere avviato necessita di tanto denaro di partenza. E a garantire il capitale alla struttura, afferma la Dda, sarebbe stato proprio Nuzzo.
Figura di comando nel gruppo, inoltre, ritiene la Dda, pure quella avuta da Raffaele Piscitelli: nonostante fosse in prigione, avrebbe impartito lui le principali direttive indicando come gestire i business illeciti. E sarebbe riuscito a veicolare dal carcere i messaggi, sostiene la Procura, grazie alla compagna, Adele Pezzella: la donna avrebbe ricoperto il ruolo di intermediaria tra il detenuto e gli altri elementi del clan.
Ad occupare una posizione più defilata, ma comunque fondamentale per il funzionamento dell’organizzazione, sarebbero stati il 27enne Antonio Piscitelli, Giuseppina Abbate ed Elena Rivetti: i tre erano incaricati di supervisionare che le attività dei singoli spacciatori procedessero senza intoppi. In alcune circostanze si sarebbero anche loro preoccupati di commerciare direttamente la droga. A tenere le chiavi del forziere chiamato a custodire la droga, invece, sarebbe stato Salvatore Piscitelli. Ad occuparsi della vendita all’ingrosso, invece, stando a quanto accertato dagli inquirenti, era Antonio Piscitelli ‘o nano. Alfonso Morgillo, Michela Piscitelli, Costanza Piscitelli, Daniele e Raffaele Rivetti sono accusati di aver affiancato Elena Rivetti nell’attività di spaccio, con il compito anche di custodi e corrieri di ingenti quantità di droga. Antonio e Lazzaro Cimmino, invece, in veste di collaboratori di Filippo Pisitelli, erano incaricati, questa la tesi della Procura, di consegnare le varie dosi ai singoli spacciatori per la vendita al dettaglio. E sempre alla dirette dipendenze di Piscitelli ed Elena Rivetti sarebbero stati pure Adriano Basilicata, Gennaro Iannone e Caterina Taverna.
A svolgere la funzione di pusher, invece, dice la Dda, sono stati Angelo Crisci, Nicola De Lucia, Patrizia Di Palma, Annunziata Floriano, Francesco Iannone, Massimo Migliore, Gennaro Morgillo, Veronica Morgillo, Marianna Napolitano, Anna e Antonio Papa, Clemente Pelaggi, Giuseppe Piscitelli, Giuseppe Servodio, Maria Carmina Villanova e Giuseppe Zampano.
A fornire le sostanze stupefacenti agli spacciatori, invece, Luca Affinita, Giuseppe Attanasio, Raffaele Conte, Marianna Cinque, Giuseppe e Pasquale D’Anna, Giuseppe De Lucia e Crescenzo De Rosa.
Il mini cellulare per chiamare i detenuti
Se la Dda è riuscita a mettere le mani sull’ipotizzata gang che ha dominato lo spaccio nella Valle di Suessola è grazie ad un’inchiesta che nel 2018 era concentrata a colpire le attività a Caserta del clan Belforte, che ha nei boss Domenico e Salvatore i suoi principali riferimenti.
I militari dell’Arma indagando sulla cosca die Mazzacane si sono imbattuti nella figura di Antonio Piscitelli, giovane rampollo della famiglia dei ‘cervinari’. E’ il figlio del più noto Filippo. Il ragazzo venne arrestato il 6 giugno di quattro anni fa perché, mentre era ai domiciliari, venne sorpreso dai militari dell’Arma ad Arienzo.
Nel corso della perquisizione a cui fu sottoposto, venne trovato in possesso di un mini-cellullare che teneva nascosto in casa. Analizzato dai tenici, si apprese che quel telefonino aveva generato traffico unicamente verso un’utenza che fu messa sotto intercettazione. Gli investigatori appresero che quel numero, nonostante l’arresto di Antonio, continuava a ricevere chiamate. E a farle era Costanza Piscitelli, sorella di Antonio. Chi contattava? Il papà Filippo che si trovava in carcere. La circostanza ha portato gli investigatori a ritenere che il cellulare faceva parte di una maglia ‘citofonica’ con la quale Antonio si sentiva con il papà detenuto. E conversazione dopo conversazione i carabinieri sono arrivati a mappare la presunta organizzazione criminale che avrebbe inondato di droga San Felice a Cancello, Arienzo e S. Maria a Vico.
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