CASAPESENNA – Nove anni di reclusione: è la pena che il pm Maurizio Giordano della Dda di Napoli ha invocato per l’imprenditore Raffaele Parente. L’imputato è accusato di associazione mafiosa. Sta affrontando il processo, dinanzi al giudice Giovanni De Angelis del Tribunale di Napoli, con rito abbreviato.
Parente, sostiene la Procura, dopo essere stato condannato a morte dal clan dei Casalesi per la sua presunta vicinanza alla famiglia Bardellino e dopo essere scampato all’agguato nel quale morì, a Formia, il suo amico, Pasquale Piccolo, sarebbe stato contattato da Michele Zagaria Capastorta, durante la celebrazione del processo Spartacus, affinché non deponesse contro di lui, autore materiale, insieme a Dario De Simone, del raid di piombo. E grazie alla testimonianza reticente di Parente, dice l’Antimafia, il boss di Casapesenna non venne condannato all’ergastolo (poi ugualmente inflittogli dalla Corte d’assise di Latina). L’imprenditore sarebbe stato premiato da Capastorta dandogli i ‘gradi’ di suo uomo di fiducia e soprattutto di businessman di riferimento per il clan. A partire dagli inizi del 2000, sostiene la Dda, avrebbe realizzato “per diretta volontà e designazione di Zagaria e dei fratelli numerosi lavori di trasporto rifiuti (acquisiti dalla Fibe Campania)”, condividendone gli utili direttamente con la famiglia casapesennese.
Parente era finito in carcere nel febbraio 2021: il Tribunale di Napoli dispose nei suoi confronti un’ordinanza cautelare con l’accusa di camorra. Ma prima il Riesame e poi la Cassazione, su istanza del suo legale, l’avvocato Ferdinando Letizia, hanno annullato quel provvedimento ed ora è a processo a piede libero.
A parlare ai magistrati della Dda di Parente sono stati da diversi ex affiliati al clan Zagaria. Tra loro c’è Michele Barone: “Possedeva qualche camion e si occupava di trasporto di materiale edile. Quando venni scarcerato nel 2005 notai che aveva incrementato la sua attività, tanto che aveva ingrandito l’azienda. Iniziò ad occuparsi del trasporto rifiuti. Venni a sapere da Pasquale Zagaria che questo lavoro, inizialmente affidatogli per volere del fratello Michele, doveva essere svolto dai Fontana, detti ‘Gigetto’ e la cosa mi colpì, tanto che io chiesi a Pasquale come mai Raffaele dovesse essere estromesso. E lui testualmente mi rispose: Raffaele Parente mi serve per altro. Ma non mi specificò per cosa”.
Si torna in aula a dicembre per l’arringa dell’avvocato Letizia.
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