MILANO – Dal 2005 il livello dei mari è aumentato 2,5 volte più rapidamente rispetto al XX secolo, a causa dello scioglimento delle calotte glaciali. L’aumento potrebbe essere di quattro volte entro il 2100 se le emissioni di carbonio continueranno come oggi. È l’avvertimento che arriva dalle Nazioni Unite, tramite il rapporto dell’Ipcc, il comitato scientifico sul clima dell’Onu, presentato nel Principato di Monaco.
Clima, l’Onu lancia l’allarme
Limitare il riscaldamento globale a meno di due gradi – obiettivo fondamentale del trattato sul clima di Parigi – potrebbe stabilizzare il tasso di aumento. Comunque, entro il 2050, molte megalopoli costiere e piccole nazioni insulari sperimenteranno ogni anno catastrofi meteorologiche, anche con una riduzione aggressiva delle emissioni di gas serra. Entro la metà del secolo, oltre un miliardo di persone vivrà in aree soggette a cicloni, alluvioni su larga scala e altri eventi meteorologici estremi amplificati dall’innalzamento dei mari.
Il livello dei mari sale rapidamente
Un altro allarme arriva dal National oceanic and atmospheric administration statunitense (Noaa). La temperatura della superficie del mare il mese scorso è stata di 0,84 gradi superiore alla media mensile del XX secolo, rendendola la più alta temperatura globale dell’oceano ad agosto mai registrata. Questo è stato il secondo agosto più caldo degli ultimi 140 anni, secondo gli scienziati del Noaa. L’ottavo mese dell’anno più rovente era stato registrato nel 2016. Ma il dato più allarmante è che tutti e cinque i mesi di agosto più bollenti sono stati registrati dal 2014 a oggi.
Il discorso del premier Conte
Il tema continua inevitabilmente a tenere banco anche a New York, all’Assemblea generale dell’Onu, dove il premier italiano, nel suo intervento, ha sottolineato: “Concordiamo pienamente sull’esigenza di un’azione globale per rispondere a questa sfida. È di queste ore la notizia di un ghiacciaio sul versante italiano del monte Bianco che rischia di collassare. Un allarme che non può lasciarci indifferenti e che deve scuoterci e mobilitarci tutti”.
Giuseppe Conte ha poi aggiunto: “L’Italia anche grazie al suo primato nel campo delle energie rinnovabili è in prima linea nel contrasto del cambiamento climatico. E ha già centrato gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati per il 2020 nella Ue. Ma non basta e non può bastare, occorre perseguire un radicale cambio di paradigma culturale. Per questo vogliamo inserire la protezione dell’ambiente, della biodiversità e lo sviluppo sostenibile direttamente fra i principi fondamentali della Costituzione italiana”.
Occorre un’azione coordinata
“È necessaria e urgente – ha commentato anche il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa – un’azione forte e coordinata per il clima, per scongiurare il verificarsi di eventi estremi e che rischiano di avere conseguenze drammatiche”.
Nel suo rapporto, ancora, l’Ipcc sottolinea che la costruzione di dighe e argini nei prossimi 80 anni ridurrebbe il rischio di inondazioni causate dall’innalzamento del livello del mare e dalle ondate di tempesta da cento a mille volte. Ma potrebbe costare fino a centinaia di miliardi di dollari all’anno.
La linea di Greenpeace
Le opere ingegneristiche, che potrebbero proteggere New York o Amsterdam, sarebbero probabilmente impraticabili e proibitive per le città dei delta e per le aree rurali nei Paesi in via di sviluppo. Diverse le reazioni al rapporto, da Greenpeace che sottolinea “la crisi dei nostri oceani, gravemente colpiti dai cambiamenti climatici”, al Wwf che pone l’accento sul “miliardo di persone minacciate dagli effetti dei cambiamenti climatici su oceani, regioni polari e montane”.
(LaPresse/di Claudio Maddaloni)