TORINO – Comincia con quelle che sembrano le migliori premesse il percorso verso il summit virtuale sul clima, atteso per il 22 e 23 aprile, al quale il presidente Usa, Joe Biden, ha invitato 40 leader mondiali, compreso l’omologo cinese Xi Jinping. E proprio da Pechino arrivano segnali di distensione e collaborazione. I due maggiori responsabili delle emissioni di carbonio al mondo hanno deciso di cooperare con altri Paesi per frenare il cambiamento climatico. Suggellando il loro impegno in una dichiarazione congiunta. “Gli Stati Uniti e la Cina – si legge – si sono impegnati a cooperare tra loro e con altri Paesi per affrontare la crisi climatica, che deve essere approcciata con la serietà e l’urgenza che richiede”.
L’accordo
L’accordo è stato raggiunto dall’inviato speciale degli Stati Uniti per il clima John Kerry e dalla sua controparte cinese Xie Zhenhua durante due giorni di colloqui a Shanghai. Ulteriore conferma è arrivata da Kerry, atterrato a Seul per colloqui con la Corea del Sud, il quale ha parlato di un linguaggio “forte” nella dichiarazione. Tuttavia l’ex segretario di Stato si è comunque dimostrato prudente: “Ho imparato in diplomazia che non si fa riferimento sulle parole, ma sulle azioni. Dobbiamo tutti vedere cosa succede”. Dal canto suo, Su Wei, membro del team di negoziazione cinese, ha sottolineato all’emittente statale Cctv l’importante risultato dei colloqui consistito innanzitutto nella “ripresa del dialogo e della cooperazione tra Cina e Stati Uniti sulle questioni del cambiamento climatico”. Rimarcando l’intesa raggiunta con Washington su settori chiave per la futura cooperazione su questo tema.
Volontà di cooperazione
Le intenzioni dell’amministrazione Biden sulla lotta al cambiamento climatico sono state da subito chiare. Non a caso tra le prime mosse del democratico c’è stato il ritorno nell’Accordo di Parigi del 2015 (accolto con favore dall’Unione europea), dal quale il predecessore, Donald Trump, si era invece ritirato. Dal vertice della prossima settimana (il primo giorno coincide con la Giornata della Terra) ci si aspetta che gli Stati Uniti e altri Paesi annuncino obiettivi nazionali più ambiziosi per la riduzione delle emissioni di carbonio prima o durante l’incontro, insieme alla promessa di aiuto finanziario per gli sforzi per il clima da parte delle nazioni meno ricche.
Lo stesso Xi, ha fatto sapere l’anno scorso che la Cina sarà ‘carbon-neutral’ entro il 2060 e mira a raggiungere il picco di emissioni nel 2030. “Per un Paese grande con 1,4 miliardi di persone questi obiettivi non sono facili da raggiungere”, ha commentato il vice ministro degli Esteri cinese, Le Yucheng, in un’intervista ad Associated Press. “Alcuni Paesi chiedono alla Cina di raggiungere gli obiettivi prima. Temo che questo non sia molto realistico, ha precisato, paragonando la Cina “a uno studente delle elementari. Mentre i Paesi sviluppati sono studenti delle scuole medie. Ora, se chiedete a studenti delle elementari e delle medie di diplomarsi allo stesso momento è contro al corso naturale della crescita, dunque è irrealistico”.
Sciolto l’iceberg più grande al mondo
Nel frattempo un enorme iceberg, che per un periodo è stato il più grande del mondo, si è sciolto, frantumandosi in una moltitudine di frammenti. A68, 6mila kmq per un peso di un miliardo di tonnellate, si era staccato dall’Antartide nel 2017. Per un anno non si era praticamente mai mosso, poi aveva iniziato a spostarsi verso nord con velocità crescente, cavalcando forti correnti e venti. Il blocco aveva galleggiato nell’Atlantico meridionale verso la Georgia del Sud, piccola isola dove molti dei più grandi iceberg si infrangono impigliati nelle secche locali. Questo non era stato il destino di A68 che si è sciolto in frammenti più piccoli, in seguito, a causa della temperatura dell’acqua e dell’aria nell’Atlantico.
(LaPresse/di Martina Coppola)