CASAL DI PRINCIPE – Per numeri e peso dei personaggi coinvolti, la retata dei carabinieri del 2022 ha rappresentato una tappa importantissima nella lotta al clan dei Casalesi: è riuscita a imprimere pesantissimi colpi alle cosche Bidognetti e Schiavone. Ma non coinvolse tutti i soggetti emersi nell’inchiesta che, a novembre di tre anni fa, la innescò. Su qualcuno di loro, infatti, l’attività investigativa, dopo il blitz, è andata avanti e solo ieri la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ne ha raccolto i risultati. Quali? Cinque nuove misure cautelari. I carabinieri del Gruppo di Aversa, su ordine del Tribunale partenopeo, hanno arrestato Antonio Fusco, 45enne, alias Lupin, imprenditore attivo a Castelvolturno; Nicola Gargiulo, 58enne di Lusciano, detto Capitone; Nicola Pezzella, noto come Palummiello, 62 anni di Casal di Principe, genero di Carmine Schiavone (storico esponente del clan, poi diventato collaboratore di giustizia – deceduto nel 2015); l’albanese Hermal Hasanai, di 41 anni, e Umberto Meli, 32enne di Castelvolturno. L’inchiesta ha coinvolto anche altri due soggetti a piede libero. Chi sono? Giovanni Albano, 27enne, e Francesco Avolio, 34enne, entrambi di Castelvolturno e accusati di detenzione illegale di pistole e relativo munizionamento.
Stando alla tesi della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Fusco avrebbe vestito i panni dell’imprenditore di riferimento del clan, finanziando le casse della famiglia Bidognetti attraverso iniziative economiche comuni con esponenti del gruppo criminale. Tra queste, l’acquisto all’asta di numerosi immobili. Lupin avrebbe anche corrisposto delle somme di denaro ad appartenenti al clan, grazie al cui intervento, gli altri offerenti venivano indotti a rinunciare alla partecipazione all’incanto così da consentire all’imprenditore di aggiudicarsi i beni. Fusco, secondo quanto ricostruito, sarebbe direttamente coinvolto in un progetto per la realizzazione di un ristorante di una nota catena di fast food in un terreno sito a Castelvolturno lungo la via Domiziana, già di proprietà di un imprenditore colluso con il clan Bidognetti e colpito da confisca di prevenzione
Non solo Litorale: l’inchiesta si è concentrata anche sui tentacoli distesi dalla cosca Bidognetti su Lusciano e Parete. La precedente operazione era riuscita a smantellare la cellula operante in quest’area, affidata ad Antonio Lanza, diventato poi collaboratore di giustizia, e Nicola Garofalo. Con loro due fuori gioco (perché arrestati nel 2022), il clan avrebbe continuato ad agire attraverso Gargiulo, sostiene la Dda, che si sarebbe dedicato soprattutto alla gestione delle attività estorsive. Secondo quanto accertato nel corso delle indagini, Capitone, dopo avere riportato diverse condanne per fatti di camorra, principalmente legati alla realizzazione di estorsioni e alla detenzione di armi, oltre che per la partecipazione al clan dei Casalesi, ed aver scontato un lungo periodo di detenzione, una volta tornato in libertà avrebbe immediatamente ripreso le redini del gruppo Bidognetti, ricominciando a realizzare condotte estorsive e acquisendo, così, un ruolo di grosso caratura all’interno della cosca. Gli inquirenti, infatti, ipotizzano un suo diretto coinvolgimento in un’estorsione ai danni di un imprenditore edile al quale dapprima veniva imposto di sospendere i lavori e in un secondo momento veniva imposto di versare una cospicua somma di denaro da destinare ai detenuti del clan.

L’indagine ha raccolto elementi anche sul dinamismo del gruppo Schiavone, specialmente nel settore delle estorsioni attraverso Pezzella. Anch’egli, terminato un lungo periodo di detenzione, qualche tempo dopo la sua scarcerazione, si sarebbe immediatamente attivato non solo nelle richieste di pizzo, ma nel traffico di droga, confermandosi come una figura di primo piano dei Casalesi.
Pezzella è stato raggiunto, ieri, dalla nuova misura cautelare mentre era già in carcere: infatti venne ammanettato nel 2023 con l’accusa di estorsione e l’anno successivo fu destinatario di un altro provvedimento, della Dda di Perugia, nell’ambito di un’indagine tesa a smantellare una rete di narcos con base in Umbria.
Altri elementi, infine, sono stati raccolti a carico di Hasanai. Questi, pur non essendo partecipe del clan dei Casalesi (gli viene contestato il concorso esterno), in cambio dell’autorizzazione a gestire in regime di sostanziale monopolio le forniture di sostanze stupefacenti alle piazze di spaccio del litorale domitio, avrebbe offerto il proprio contributo al raggiungimento degli scopi della cosca Bidognetti, versando una percentuale fissa sulle cessioni di sostanze stupefacenti da lui realizzate e procurando armi ad esponenti del clan stesso.
Sul conto di quest’ultimo e di Meli, sono stati raccolti, dice l’Antimafia, numerosi elementi tesi a riscontrarne il coinvolgimento, insieme ad altri soggetti appartenenti al clan, evidenzia la Dda di Napoli – per i quali si è proceduto separatamente – in un’estorsione ai danni di un imprenditore operante sul litorale domitio, dal quale con violenza e minacce, veniva preteso il pagamento di una somma di 15mila euro.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione: i destinatari della stessa sono da ritenere presunti innocenti fino a sentenza definitiva. Nel collegio difensivo gli avvocati Ferdinando Letizia e Danilo Di Cecco.
Chiamate dal carcere del fidato di Gianluca Bidognetti. Indagini sullo smartphone sequestrato
Casal di Principe, i tentacoli del clan Bidognetti sull’edilizia sul litorale
Clan Bidognetti, fari sull’erede di Kader
Copertura lavorativa a un affiliato: l’intesa tra un imprenditore di Castel Volturno e i…
Asse Bidognetti-’Ndrangheta per la droga: la testimonianza di Lanza per colpirlo
I tentacoli dei Bidognetti sull’affare stupefacenti
Clan dei Casalesi, guerra senza confini. Dietro l’agguato a Bardellino l’ombra della cosca Bidognetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA