NAPOLI – Estate: sole, mare e concerti. Negli ultimi anni, spinta dal successo del Jova Beach Party, si è diffusa la moda di organizzare grandi ed affollatissimi eventi in spiaggia. Poche ore di musica per deteriorare habitat naturali su coste fragili, che già di norma fanno fatica a difendersi dall’azione antropica. Proprio in queste ore cade un compleanno importante: un anno fa veniva lanciata la battagli ambientalista contro i mega eventi sui litorali, con la petizione “NO ai grandi eventi su spiagge e siti naturali”, che ha raccolto ad oggi oltre 65mila firme, ma c’è ancora tanto da fare.
HABITAT IN PERICOLO
I promotori della petizione (tra cui troviamo Marevivo, Lipu, Enpa e Lav) hanno spiegato dettagliatamente gli effetti negativi dei concerti sulla sabbia. Spiagge e litorali rappresentano ambienti fragili e dinamici e sono importanti aree di transizione tra la terraferma e il mare. Oltre a ospitare preziosi ecosistemi, sono aree filtro che proteggono il mare dall’inquinamento dell’entroterra e l’entroterra dall’azione erosiva del mare e dalla risalita dell’acqua salata nelle falde di acqua dolce. Soltanto la sabbia impiega millenni a formarsi. Tutte le coste italiane, sabbiose o rocciose, sono aree preziose per la biodiversità, ma subiscono una fortissima pressione antropica soprattutto d’estate. I mega eventi in spiaggia aggravano notevolmente la già precaria conservazione di questi siti e sono fonte di gravissimo disturbo per la fauna selvatica in riproduzione. Inoltre i tagli di siepi e alberi, la distruzione delle dune, l’inquinamento acustico e da smog e i rifiuti che finiscono in mare, danneggiano l’ambiente, mettendo a rischio le specie in nidificazione come fratino o tartarughe marine.
I DANNI
Per comprendere meglio i danni ambientali legati ad un grande evento sulla costa dobbiamo pensare che ogni volta che andiamo in spiaggia portiamo via, anche involontariamente, un quantitativo più o meno consistente di sabbia. Questa operazione, ripetuta più volte e per numeri elevati di persone, provoca ovviamente danni importanti all’ecosistema. Prelevare sabbia, conchiglie, legnetti o altri elementi naturali significa portare via una componente fondamentale di quell’habitat, sconvolgere un ciclo naturale unico e preciso dal quale dipendono innumerevoli specie vegetali e animali. Un souvenir devastante per l’ambiente se moltiplicato per migliaia di persone. A causa dell’erosione molte spiagge sono attualmente minacciate, tanto che nel nostro Paese alcuni Comuni hanno deciso di attivare una serie di soluzioni per contrastare il fenomeno. Si va dal numero chiuso con ticket di ingresso per limitare gli accessi agli arenili, all’obbligo di portare con sé stuoie in paglia, in modo da evitare che la sabbia si accumuli sui teli di spugna bagnati e venga trasportata fuori dalla costa. La soluzione estrema è la chiusura del litorale, come avvenuto per la famosissima spiaggia rosa di Budelli, nell’arcipelago della Maddalena in Sardegna.
C’È ANCORA MOLTO DA FARE
E’ passato esattamente un anno da quando è stata lanciata la petizione e di passi in avanti ce ne sono stati molti. Le associazioni promotrici hanno portato all’attenzione mediatica e dell’opinione pubblica un problema fino ad allora sottovalutato: l’importanza di salvaguardare le spiagge e i siti naturali da eventi mostruosi che ne danneggiano gli ecosistemi. E’ stata avviata un’attenta campagna di sensibilizzazione per i cittadini, i promotori della petizione hanno scritto al Governo ed ai Ministri, monitorato e denunciato, e raccontato i danni prodotti dai grandi eventi. I grandi eventi in giro per l’Italia, se da un lato hanno riscosso un grandissimo successo in termini di adesioni di pubblico, hanno attirato anche feroci critiche, con pesanti accuse di greenwashing, l’ecologismo di facciata per nascondere presunti impatti su fauna, flora ed ecosistema delle spiagge. In Italia c’è ancora molto da fare per proteggere il mare. Dopo dodici mesi di battaglie la lotta è appena iniziata.
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