CASERTA – L’auto del Comune usata quando non avrebbe potuto: è il tema dell’inchiesta che ha fatto scattare la condanna in Appello per Carmine Antropoli (nella foto in alto), sindaco di Capua dal 2006 al 2016 e, dallo scorso settembre, direttore del Dipartimento di chirurgia generale e della donna dell’ospedale Cardarelli di Napoli. È stato giudicato colpevole dai togati partenopei, in concorso con Antropoli, anche Antonio Merola, ex dipendente del Comune con mansione di autista.
La prima sezione della Corte d’appello, presieduta da Eduardo De Gregorio, ha alleggerito il verdetto per i due imputati (per entrambi ‘pena sospesa’), ritenuti responsabili di peculato, rispetto a quello che avevano incassato in primo grado: per il chirurgo un anno e 3 mesi di reclusione, a fronte dei due anni sentenziati dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere nel marzo 2022, e per Merola 14 mesi, 6 in meno di quelli decisi dal palazzo di giustizia casertano.
Antropoli, stando alla ricostruzione degli investigatori, tra il 2013 e il 2016, quando ricopriva la carica di primo cittadino di Capua, avrebbe usato l’auto del Comune, un’Alfa Romeo Giulietta, oggetto di leasing tra l’Ente e la società Leasys, “per finalità estranee a scopi istituzionali”.
La procura sammaritana, che si è occupata dell’inchiesta, ha sostenuto che nell’aprile del 2013 il medico si sarebbe servito di Merola, quale autista privato, distogliendolo dai propri compiti istituzionali, per accompagnare Lucrezia Cicia (compagna di Antropoli ed ex consigliera comunale di Caserta) con la vettura del Municipio, nel tragitto casa-lavoro o per altre necessità di carattere personale. In altre circostanze, questa la tesi dell’accusa, Antropoli si era servito sempre di Merola per farsi accompagnare a Napoli, presso l’ospedale Cardarelli dove ancora lavora.
Dei cinque episodi totali contestati al medico, 3 sono stati dichiarati prescritti dalla Corte d’appello, circostanza che ha determinato la riduzione in Appello del verdetto.
Merola aveva affrontato il processo di primo grado anche con l’accusa di truffa: si sarebbe fatto rilasciare ricevute dai responsabili di stazioni di servizio attestanti, sosteneva l’accusa, il pagamento di carburante in misura maggiore rispetto a quello realmente erogato all’atto del rifornimento dell’Alfa. Quegli scontrini, successivamente, sarebbero stati presentati all’ufficio contabile del Comune per il rimborso. Basandosi sulle carte prodotte dall’autista, però, il dipendente, chiamato a risarcirlo della spesa anticipata, gli dava una somma più alta di quella realmente pagata al distributore. E Merola, avvalendosi di quell’ipotizzato meccanismo, dal maggio del 2013 al giugno del 2016, si sarebbe messo in condizioni di intascare, danneggiando l’ente capuano, la differenza tra l’importo indicato sulla ricevuta e la somma corrisposta al momento del rifornimento. Ma questa ricostruzione non convinse il Tribunale che in relazione a questa accusa lo assolse.
Era comparsa con l’accusa di concorso in peculato dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere pure Lucrezia Cicia, perché, come già scritto, nell’aprile 2016, avrebbe beneficiato dei passaggi ‘illegali’ in auto. Il collegio presieduto dal giudice Giovanni Caparco emise nei suoi confronti verdetto di assoluzione “per la particolare tenuità del fatto”. Contro questa decisione, attraverso gli avvocati Umberto Pappadia e Giuseppe Stellato, aveva presentato ricorso chiedendo l’assoluzione piena. Ma la Corte d’appello ha respinto l’istanza.
L’inchiesta che ha dato il via al processo era stata innescata dalla denuncia sporta da Luigi Brandi, ex direttore del Museo d’Arte Contemporanea, scomparso nell’agosto del 2016. Il capuano consegnò del materiale raccolto sul presunto illecito, commesso dall’allora sindaco, al Comando provinciale dell’Arma di Caserta. Successivamente l’indagine, coordinata nella fase iniziale dal pm Valentino Battiloro, venne poi delegata al commissariato di polizia di Sessa Aurunca.
Concluso il secondo grado, adesso il collegio difensivoo, composto dagli avvocati Vincenzo Maiello, Mauro Iodice, Stellato, Pappadia e Paolo Di Furia, attende di leggere le motivazioni per presentare eventuale ricorso in Cassazione (ma la è alle porte la prescrizione anche per gli altri episodi che hanno resistito in Appello). Antropoli e Merola sono da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
Mafia, appalti e corruzione: le altre accuse superate dal chirurgo
La condanna in Appello incassata da Carmine Antropoli non arriverà ‘viva’ in Cassazione. A breve saranno prescritti anche gli altri episodi per i quali è stato ritenuto colpevole in secondo grado. E così si andrà a chiudere l’ultimo procedimento giudiziario che in questi anni ha coinvolto il chirurgo e già primo cittadino di Capua. Era stato arrestato nel 2019 con l’accusa di concorso esterno al clan dei Casalesi, per aver stretto un ipotetico patto politico-mafioso, e di violenza privata: in primo grado venne assolto dal primo reato e condannato per il secondo. In Appello, recentemente, è stata confermata la non colpevolezza per il reato di mafia e dichiarato il non luogo a procedere per il secondo (con la nuova riforma, la persona offesa avrebbe dovuto sporgere denuncia e non lo hai mai fatto). Da quell’inchiesta ne è scaturita un’altra (nel 2021) sfociata in accuse di corruzione e turbativa d’asta, e pure in questo caso l’iter si è concluso (tra assoluzioni e prescrizioni) senza nessuna pena per Antropoli. L’ex primo cittadino negli anni scorsi ha superato, dimostrando la propria innocenza, anche un’ipotesi di reato per disastro ambientale.
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