ROMA – Le misure restrittive attualmente in vigore non saranno prorogate fino al 31 luglio, che è la data in cui scadono i sei mesi dello stato di emergenza nazionale. Anzi “siamo pronti in qualsiasi momento ad allentare la morsa, superare quelle misure e fiduciosi che ben prima di quella scadenza si possa tornare a un migliore stile di vita”.
In una conferenza stampa pomeridiana, orario insolito negli ultimi tempi, il premier Giuseppe Conte rassicura i cittadini dopo le notizie diffusesi in giornata sul prolungamento delle misure in vigore fino a estate inoltrata, e annuncia il decreto legge approvato oggi in Consiglio dei ministri che riordina le norme adottate finora e inasprisce le sanzioni per i trasgressori: le multe andranno dai 400 ai tremila euro, mentre fino ad ora si partiva da 206, ma senza la violazione penale.
Una stretta che, assicura il premier, non vuol dire che gli italiani stiano disattendendo le regole: “La stragrande maggioranza si sta conformando alle nuove abitudini di vita, sono soddisfatto e orgoglioso della reazione che tutti i cittadini stanno avendo”, sottolinea. Quanto al rapporto con le Regioni, poi, avocarne i poteri “sarebbe poco funzionale”. E dunque si lavora insieme: “Potranno adottare misure anche più restrittive, ma rimane la funzione di coordinamento e omogeneità assicurata dal governo”.
Il Parlamento mantiene la sua funzione centrale
Tutti i provvedimenti verranno inviati ai presidenti delle Camere e ‘smistati’ alle commissioni competenti, e il premier o un ministro da lui delegato si presenteranno a riferire ogni 15 giorni sull’evoluzione della pandemia. A un mese dai primi interventi – il decreto e il Dpcm del 23 febbraio – il governo ha ritenuto necessario riordinare il lavoro fatto finora e stabilire le modalità per procedere da qui a fine emergenza.
Le restrizioni, per esempio, saranno ‘modulabili’ in base all’andamento dell’epidemia: il che vuol dire che potranno essere prorogate o eliminate a seconda delle necessità. Così come si stabilisce che sì, le Regioni potranno adottare misure più restrittive di quelle nazionali per casi particolari, ma dovranno essere ‘convalidate’ da un Dpcm. Nel caos dovuto anche all’eccezionalità degli eventi, “l’Italia non ha mai affrontato una situazione di questo tipo. Col senno di poi si può sempre fare meglio”, si sfoga Conte. Il governo deve anche fare i conti con le tensioni nella maggioranza sorte intorno al capo della protezione civile Angelo Borrelli.
Certe affermazioni del tecnico spesso sono state interpretate come vere e proprie fughe in avanti, critiche all’operato dell’esecutivo pronunciate in conferenza o a mezzo stampa. Non sono andate giù, per esempio, le parole a Repubblica sulla necessità di leggi speciali, “qualsiasi dirigente non deve aver paura a mettere una firma, sulle mascherine siamo arrivati tardi”. O quelle sulle verifiche del numero dei contagiati: “Il rapporto di un malato certificato ogni dieci non censiti è credibile”. Parole che hanno fatto storcere il naso a più di un parlamentare M5s, mentre dal fronte Dem attacca a testa bassa il responsabile Organizzazione, Stefano Vaccari: “In emergenza chi è a capo della catena di comando deve fare e parlare il meno possibile. E quando lo fa non agitare polemiche e gettare ombre su chi c’era prima di lui o fare il mestiere di altri. Si continui a lavorare sodo tutti insieme per combattere il coronavirus”. Riflessioni che sembrano un cartellino arancione.
Il premier è più conciliante ma determinato a difendere le scelte attuate
Sui numeri “credo che Borrelli si riferisse a riflessioni della comunità scientifica, che ci sono in tutti i Paesi. È difficile avere un dato esatto sui contagiati”, sottolinea. Ricordando però che “sin qui abbiamo sempre seguito le indicazioni del comitato tecnico-scientifico, sposando i suggerimenti, senza mai disattenderli, sul modus procedendi rispetto ai tamponi”. Dunque, taglia corto a critiche e suggerimenti sgraditi, “non c’è nessun motivo per cambiare. C’è una linea di massimo rigore e massima trasparenza”. (LaPresse)