Coronavirus, cambia ancora il modello dell’autocertificazione: è il quarto in pochi giorni (clicca per scaricarlo)

in foto Luciana Lamorgese

ROMA – Cambia ancora il modello dell’Autocertificazione. Quello in vigore da oggi emesso dal governo, è il quarto in pochi giorni. E vuole sottolineare i casi in cui “ci si debba spostare per validi e comprovati motivi quali lavoro, salute o altre necessità primarie come la spesa o l’acquisto di farmaci”. Ovvero va annoverata anche la “regione di appartenenza e quella in cui eventualmente ci si sta spostando”. La nuova voce vuole ulteriormente porre contrasto a chi cerca di eludere le norme vigenti in tema di Coronavirus

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Gabrielli: altra battaglia da vincere

Oltre a quelle del Coronavirus c’è un’altra battaglia parallela da vincere. Ed è quella che “vede impegnati i nostri uomini, quella di spezzare la catena del contagio, perseguendo i furbi, chi con comportamenti sbagliati introduce un vulnus al sistema che può vanificare gli sforzi che si stanno facendo – ha spiegato il capo della polizia Gabrielli – Fino al 24 marzo su due milioni e mezzo di cittadini controllati ci sono stati 110 mila denunciati. Tutti coloro che non rispetteranno le regole verranno puniti con sanzioni che vanno dai 200 ai 5 mila euro e che possono arrivare anche all’arresto da 3 a 18 mesi”.

Le polemiche

Quattro autocertificazioni in pochi giorni appaiono oggettivamente un po’ troppe. O quanto meno mettono in risalto le difficoltà in cui si trova l’attuale governo nel creare punti fermi in merito al contrasto al Coronavirus. E Gabrrielli cerca di gettare acqua sul fuoco: “L’ennesima  Autocertificazione – ha spiegato – è stata in qualche modo oggetto di ironie. Noi non la facciamo perché non sappiamo che cosa fare, la facciamo perché cambiano le disposizioni e dobbiamo aggiornarle. Questo nuovo modulo intercetterà moltissime delle questioni che a volte attengono alle specificità dei singoli problemi”.

Cosa cambia

Nella domanda in cui la persona dichiara “di non essere sottoposto alla misura della quarantena e di non essere risultato positivo al Covid-19”, è stata aggiunta la frase: “Fatti salvi gli spostamenti disposti dalle Autorità sanitarie”. Va inoltre specificato “di essere a conoscenza, oltre che dei divieti disposti dal decreto 19, anche delle ulteriori limitazioni disposte con provvedimenti del Presidente della Regione …. (indicare quella di partenza) e del Presidente della Regione…. (indicare quella di arrivo) e che lo spostamento rientra in uno dei casi consentiti dai medesimi provvedimenti”. Va oltre dimostrato che si è a conoscenza delle “sanzioni previste dall’articolo 4 del decreto 19”, mentre per quanto riguarda le necessita che hanno portato allo spostamento vengono spiegato “quelli all’interno dello stesso comune o che rivestono carattere di quotidianità o che, comunque, siano effettuati abitualmente in ragione della brevità delle distanze da percorrere”. Il motivo dello spostamento è dovuto a raggiungere il proprio “posto di lavoro presso”, oppure che si necessita di “una visita medica, urgente assistenza a congiunti o a persone con disabilità, o esecuzioni di interventi assistenziali in favore di persone in grave stato di necessità, obblighi di affidamento di minori, denunce di reati, rientro dall’estero, altri motivi particolari”.

Il contenzioso

Intanto si attendono sviluppi dopo essere stato assegnato all’autorità giudiziaria l’atteggiamento tenuto dal sindaco di Messina, Cateno De Luca nei confronti del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese quale “vilipendio della Repubblica delle istituzioni costituzionali e delle forze dell’ordine”. Il tutto “a seguito delle parole gravemente offensive e lesive dell’immagine per l’intera istituzione che lei rappresenta, pronunciate pubblicamente e con toni minacciosi e volgari” ha spiegato il Viminale, che aggiunge: “Proprio in una fase emergenziale in cui dovrebbe prevalere il senso di solidarietà e lo spirito di leale collaborazione – sottolinea – le insistenti espressioni di offesa e di disprezzo, ripetute per giorni davanti ai media da parte del primo cittadino di Messina all’indirizzo del ministero dell’Interno, appaiono inaccettabili, e quindi censurabili sotto il profilo penale, per il rispetto che è dovuto da tutti i cittadini e a maggior ragione da chi riveste una funzione pubblica anche indossando la fascia tricolore  alle istituzioni repubblicane e ai suoi rappresentanti”.

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