Gente in gamba gli antichi Greci!! Dominarono il mondo civilizzato fino a che Roma non li scalzò con la forza delle armi. Le città Stato, la democrazia, la filosofia, la libertà ed i diritti di cittadinanza ne fecero la culla della cultura. Quando ad Atene si aprivano, cinquecento anni prima di Cristo, il Ginnasio e l’Accademia, luoghi nei quali si formavano e si istruivano i giovani, in buona parte dell’Europa gli uomini vivevano ancora in tribù. Non a caso è famoso il brocardo “la Grecia conquistata, conquistò Roma” portandovi, di fatto, arte e cultura. Militarmente soccombenti, gli eredi di Socrate e Platone conquistarono l’Urbe introducendovi lingua, filosofia, letteratura, costumi e moda tra le classi più elevate. Non c’era uomo famoso oppure potente a quei tempi che non parlasse e scrivesse il greco, non conoscesse il pensiero dei più grandi filosofi ellenici.
Una cultura, la loro, che ha permeato, per millenni, il mondo civilizzato ed i paesi più progrediti. Il pensiero sviluppato nelle scuole filosofiche, i testi tramandati ai posteri hanno illuminato la mente e lo spirito della umanità nell’emisfero occidentale. La storia della filosofia greca ha indicato ad intere generazioni la via della logica, del ragionamento, delle umane virtù. La caratteristica comune del filosofo, indipendentemente dalle sue osservazioni, dai suoi scritti e dalle sue massime filosofiche, era l’atarassia, ovvero il distacco dalle passioni e dai sentimentalismi per non farsi influenzare nel proprio pensiero e nell’agire conseguente agli istinti ed alle emozioni. Il secondo comune denominatore era la parresia, vale a dire la prerogative di parlare di tutto senza timori reverenziali in nome della verità.
Così come accade ancora ai giorni nostri, anche in quei tempi la libertà di esprimersi ispirandosi alla verità, procurava antipatie. Non era raro che i filosofi dessero fastidio ai detentori del potere ed in genere a tutti coloro i quali trovavano comodo e conveniente adeguarsi all’opinione corrente. Non a caso, venendo a temi più recenti, un uomo come don Lorenzo Milani, prete e pedagogo, soleva ricordare ai propri allievi, nella rudimentale scuola che aveva edificato a Barbiana, isolata località dell’Appennino toscano: “se non direte cose che spiaceranno a qualcuno non avrete mai detto la verità”. Una massima che credo sia risuonata nelle orecchie di quanti ormai sono stufi di vedere assentite e verificate, scientificamente, le previsioni e le supposizioni sul Covid SARS2 fermamente denegate solo qualche mese addietro. Una lunga sequela di ritrattazioni di precisazioni di toppe che si rivelano essere peggiori del buco che pure pretendono di riparare. L’ultima in ordine di tempo è quella sull’efficacia dei vaccini in uso rispetto a tutte le mutazioni alle quali puo’ andare incontro il virus.
L’ultima e’ quella Indiana che affligge l’Inghilterra. Mutazioni che quasi sempre interessano quella regione del genoma virale (l’RNA) che codifica la ormai famosa proteina Spike, ovvero quella che determina l’attecchimento del virus sulla superficie delle nostre cellule. Parimenti fallace e contraddittoria si è rivelata la previsione della cosiddetta immunità di gregge, in relazione alla circostanza che la mutazione virale rende il virus ancora infettivo e come tale vanifica il raggiungimento di quella sfera globale di immunità. Lo stesso è capitato a quanti propugnavano la tesi dell’innocuità della proteina Spike che i vaccini ad RNA stimolano nelle cellule del nostro corpo. La proteina, infatti, attacca le pareti dei vasi sanguigni e come tale può determinare fenomeni trombotici ed emorragici, provocando effetti collaterali anche mortali. Ed ancora, che dire dell’innocuità relativa all’inoculo di RNA virale?
Vero che si denatura e scompone dopo circa una settimana, ma è parimenti accertato che può anche essere trasformato in DNA da enzimi già presenti nelle nostre cellule. Se questo evento accreditato da vari studi pubblicati su prestigiose riviste scientifiche, dovesse essere ulteriormente confermato, nelle cellule infettate dall’RNA vaccinale finirebbe per generarsi del DNA “virale” estraneo al nostro. Insomma: che senso ha mettere al bando i prodotti geneticamente modificati, sia pure ingeriti sotto forma di alimenti, se poi con questi vaccini ci vengono addirittura inoculati.
In sintesi, stiamo iniettando sostanze i cui effetti sul nostro patrimonio genetico non sono noti ma certamente non sono inesistenti. Può la scienza agire con tanta approssimazione e tanta reticenza? Si obietterà che non è prioritario saperlo nel corso di una pandemia mondiale che ha fatto un milione di morti nel mondo. Di converso però credo sia necessario informare la gente sul reale stato dell’arte. Non è un’accezione filosofica chiamata parresia: è un imperativo morale al quale nessuno uomo di scienza si dovrebbe sottrarre.