NAPOLI – La pandemia ha modificato anche il welfare della camorra da un anno a questa parte. Dalla vendita delle droga alle estorsioni, l’economia nera ha cambiato pelle. Le piazze di spaccio sono state ‘ripensate’ e i clienti sono in contatto con i fornitori solo su appuntamento attraverso i cellulari. Sui telefoni sequestrati ai pusher trovate app di messaggistica non intercettabili (Telegram, Signal e Threema) diverse da Whatsapp, che hanno testi che si autodistruggono se programmati. Cambiato anche il racket. Nel mirino le attività che non hanno subito il lockdown. Un vero e proprio picco di richieste è stato monitorato ai danni dei cantieri edili anche delle case private. Richieste più miti, ma più a tappeto. Le cosche hanno subito il contraccolpo economico ed hanno abbassato o tolto le provvigioni fisse ai piccoli affiliati. Questo starebbe alla base del picco di rapine e furti registrato negli ultimi mesi. E’ così che i ‘picciotti’ fanno cassa, con il placet delle cosche. Secondo l’analisi della procura di Napoli, guidata da Giovanni Melillo, le grandi cupole mafiose, come l’Alleanza di Secondigliano, hanno una funzione “calmieratrice” nell’economia gestionale della malavita napoletana. La camorra si rigenera e trova altre forme. E allora ecco spuntare il coordinamento di reati minori come le truffe agli anziani o le truffe assicurative. Ma si parla anche di contraffazione e di contrabbando. Per la pro- cura i fenomeni mafiosi non dovrebbero essere più visti come minaccia all’ordine pubblico. “Si è in presenza di fenomeni strutturali, non già di una mera esposizione di muscoli”.
Sta accadendo ancora. Sì, perché al tempo del Coronavirus la rigenerazione criminale c’è stata e, con la fine del lockdown, ce n’è stata ancora un’altra. Se cambiano le condizioni di vita, dopo un primo choc d’assestamento, tutti si adeguano, mutano, si rimodellano. E’ così anche per la criminalità. Quando non c’erano persone in giro, allora le rapine si facevano nelle case e i ladri puntavano alle auto lasciate in strada. Questa si chiama fluidità criminale. Come fluida è l’economia nera che, puntando su contraffazione e contrabbando, sta cercando di rispondere a una fetta di ‘mercato’. Sì, perché anche quelli che acquistano ‘bionde’ senza bollo di Stato e dvd e cover taroccati sono clienti. E come dimenticare il racket. Ma anche gli appalti. Proprio sul filone Covid, sotto la lente degli inquirenti sono finiti i business legati alla sanificazione e alle forniture di tipo ospedaliero.
Dietro la gestione del malaffare c’è sempre stata una strategia ben precisa. “I clan si sono reinventati nel mercato della commercializzazione di dispositivi di protezione individuale, soprattutto in mascherine anti-Covid”. L’allarme è stato lanciato dal procuratore generale Luigi Riello e dal presidente della Corte d’Appello di Napoli, Giuseppe De Carolis di Prossedi. “In questa fase economica emergenziale – hanno spiegato – il riciclaggio e il reinvestimento di denaro da parte della criminalità organizzata è risultato più difficoltoso, non potendo accedere agevolmente al tradizionale mercato delle imprese turistiche della ristorazione dell’abbigliamento, ma ha trovato nuove fonti di riciclaggio e guadagno della commercializzazione dei dpi e in particolare di mascherine protettive, che sono state vendute in grossi quantitativi anche ad enti locali e ospedalieri”.