Covid: sale la pressione sugli ospedali. Anestesisti: “Ora gravi anche i fragili vaccinati”

Con l'aumento dei casi crescono anche le ospedalizzazioni in area medica e in terapia intensiva.

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

ROMA – Con l’aumento dei casi crescono anche le ospedalizzazioni in area medica e in terapia intensiva. Un trend “che ci preoccupa” dice a LaPresse il presidente di Fnomceo, Filippo Anelli. Il problema, ormai atavico dall’inizio della pandemia, è relativo alla riconversione dei reparti ospedalieri per dedicarli all’emergenza “sottraendo personale alle funzioni ordinarie”.

Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Iss al momento in Italia i posti occupati in area medica da pazienti covid sono il 7,1% e quelli in terapia intensiva il 5,3%. Entrambi i dati risultano essere in aumento rispetto al 6,1% e 4,4% dell’ultima rilevazione. Numeri comunque ancora bassi rispetto a quelli decisi per il passaggio in zona gialla dei territori interessati (15% in area medica e 10% in terapia intensiva).

La situazione però non è omogenea. La soglia di allerta per l’occupazione di posti letto in terapia intensiva è stata superata in Friuli Venezia Giulia (13,1%), Alto Adige (11,3%) e nelle Marche (10,5%). Per quanto riguarda l’area medica, invece, sono sempre Friuli Venezia Giulia (14,8%) e Alto Adige (14,2%) a sfiorare il limite. Sopra il 10% anche la Calabria che si attesta al 12%. Situazione opposta in Molise dove le ospedalizzazioni non arrivano al 3%.

L’identikit di chi arriva in terapia intensiva è noto: la stragrande maggioranza sono persone non vaccinate ma a questi, con il passare del tempo, si aggiungono anche altri profili. “Nelle ultime settimane sta infatti crescendo il numero dei pazienti fragili vaccinati ormai da più di sei mesi”, racconta Antonino Giarratano presidente di Siaarti (Società scientifica di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva). “Se prima il rapporto fra non vaccinati e vaccinati era di 9 a 1 ora si sta attestando attorno a 8 a 2 – dichiara ancora – fra questi anche dei 50enni con patologie pregresse, in particolare obesità e ipertensione severa, che hanno completato il ciclo vaccinale”.

E un picco di contagi si verifica anche fra il personale ospedaliero con 3.161 positivi negli ultimi 30 giorni. “Gli inconfutabili dati Iss mettono in evidenza, se qualcuno non lo avesse ancora compreso, che siamo alla soglia del concreto rischio di una nuova ondata, la quarta. E come dal primo giorno di questa pandemia, gli infermieri italiani sono ancora una volta i più esposti al rischio”, denuncia Antonio De Palma, presidente Nazionale Nursing Up. Negli ospedali insomma la pressione torna a salire. Nessuno osa fare previsioni tranne una: grazie ai vaccini “non avremo mai i tassi di occupazione delle prime ondate”, dice sicuro Giarratano.

Di Andrea Capello

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