ROMA – Da qualche giorno l’antibiotico Zitromax e il suo equivalente generico contenente l’azitromicina sono spariti dagli scaffali delle farmacie. Praticamente introvabili. La sparizione del medicinale è dovuta al ricorso che se n’è fatto negli ultimi mesi per contrastare eventuali complicanze dovute a batteri nei malati di Covid. Da qui, la corsa all’accaparramento da parte di quanti, in caso di infezione, puntano al fai-da-te in quarantena.
Peccato, però, che la comunità scientifica sia pressoché unanime nel dire che lo Zitromax non sia adatto per curare la malattia. “Azitromicina è un antibiotico antibatterico che serve nella terapia di alcune infezioni batteriche, ma non serve a niente nella cura del Covid”, spiega l’infettivologo Matteo Bassetti. Che chiarisce: “Nelle infezioni virali gli antibiotici non devono essere utilizzati, salvo in alcuni casi molto selezionati” ovvero “meno del 2% del totale”. Gli antibiotici usati contro “creano resistenze e poi mancano per chi ne ha veramente bisogno”, ovvero chi è affetto da Hiv o per chi ha patologie polmonari che però nulla hanno a che fare con il Covid. “Dopo i tamponi auto-prescritti e auto-usati, ecco il fai-da-te con gli antibiotici. Povera Italia”, conclude Bassetti.
Ma da dove nasce la convinzione che questo medicinale possa contrastare il Covid? “All’inizio si pensava che l’Azitromicina avesse anche un effetto anti-infiammatorio”, spiega a LaPresse Giovanni Maga, direttore istituto genetica molecolare del Cnr. Ma “in realtà le linee guida non lo raccomandano al di fuori delle infezioni batteriche”, prosegue il ricercatore, che rassicura: “Ci sono farmaci piu specifici, come i nuovi antivirali”.
“Il fatto che scarseggi un farmaco che non rientra nelle linee guida per la terapia di Covid spiega bene la nostra situazione”, è il commento ironico del virologo Roberto Burioni.
Dopo la corsa ai tamponi, dunque, ora si parla di corsa all’antibiotico. “E’ la solita, folle abitudine all’accaparramento che la gente ha mostrato anche in passato”, spiega a LaPresse Silvestro Scotti, segretario generale nazionale della Federazione italiana medici di famiglia, che non nasconde i suoi timori: “più che dalla mancanza del farmaco in sé”, spiega, “sono in realtà preoccupato dall’abuso di antibiotici che fanno in troppi, quasi come fosse un farmaco in auto-somministrazione”.
Secondo i dati riportati dall’Aifa, infatti, nel corso del 2019 circa 4 italiani su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, l’80% delle quali erogate dal Servizio Sanitario Nazionale. “Il nostro Paese è al primo posto in Europa per l’uso di antibiotici. Un consumo cinque volte maggiore rispetto a quello della Germania”, conferma a LaPresse Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma e presidente del Pgeu, il raggruppamento di cui fanno parte tutte le Federazioni degli Ordini dei farmacisti e le Associazioni nazionali delle farmacie europee. “E’ un problema culturale”, ribadisce. “Serve un’educazione sanitaria che scardini false convinzioni, come quella che l’antibiotico sia la cura a tutti i mali”.
di Giusi Brega