Crisi, Conte tenta il bis ma sulla squadra e sul voto on line la partita è ancora aperta

Foto Valerio Portelli/LaPresse

ROMA – Il Conte bis adesso esiste anche nelle dichiarazioni formali pronunciate al Quirinale dai leader delle forze politiche che lo sosterranno. Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio consegnano nelle mani di Sergio Mattarella la disponibilità ufficiale a sostenere un nuovo Governo e il presidente della Repubblica convoca il premier dimissionario nello studio alla vetrata. L’appuntamento è per domani mattina alle 9.30.

L’incarico

Sarà Conte, adesso, da presidente del Consiglio incaricato, viene spiegato, a provare a sciogliere i nodi ancora sul tavolo della trattativa. Primo tra tutti quello della vicepresidenza. Non ne fa una questioni di nomi, il Pd: “Il problema non è Di Maio o non Di Maio, è inaccettabile che l’incarico di presidente del Consiglio e quello di vice vadano allo stesso partito”, è il messaggio ribadito, a sera, ai futuri alleati. Conte dovrà mediare, provando magari a far chiudere il cerchio proponendo ai Dem di non avere numeri due e di assicurare la tanto bramata “discontinuità” attraverso il resto della squadra e i programmi.

Il messaggio di Grillo

Prova Beppe Grillo, come spesso accade, a scompaginare con un posto sul suo blog a tarda sera. “Oggi è l’occasione di dimostrare a noi stessi ed agli altri che le poltrone non c’entrano nulla: i ministri vanno individuati in un pool di personalità del mondo della competenza, assolutamente al di fuori dalla politica – è la sua personalissima strategia – Il ruolo politico lo svolgeranno i sottosegretari”.

La giornata

La partita è aperta. Dopo le ultime minacce a poche ore dalle consultazioni al Quirinale, la giornata procede senza grossi stop and go. I contatti ci sono, anche se quelli tra Zingaretti e Conte vengono smentiti dal Nazareno e tessono la tela della futura alleanza. Se i giallorossi ancora stentano a trattarsi da compagni di squadra, sono già pronti ad attaccarli i futuri avversari. Meloni, Berlusconi e Salvini – sfilando nella Loggia alla Vetrata – invocano per l’ennesima volta nuove elezioni e gridano unanimi alla ‘manovra di palazzo per accaparrarsi le poltrone’.

Le parole di Di Maio

Di Maio non ci sta. Il suo nome, negli ultimi giorni, è troppo legato a pretese più o meno fondate e allora prova a prendere le distanze: “La Lega mi offriva di fare il premier ma io penso al Paese e ho rinunciato con serenità”, dice, puntando di fatto il dito contro Salvini che pur di mantenere la sua – di poltrona – offriva un piatto ricco. Zingaretti non accetta “rimpastini” o “staffette”: serve un Governo unico, con un programma condiviso (magari da mettere alla prova anche sul territorio) e non due esecutivi paralleli vincolati a un contratto “fallimentare”. La scommessa è ardita. Calenda non ci crede e lascia il Pd.

La missione

Il premier incaricato, comunque, avrà tanta strada da fare. Ecco perché il Quirinale dovrebbe concedergli almeno tutta questa settimana per svolgere le sue consultazioni che – secondo alcuni rumors – potrebbero coinvolgere anche l’associazionismo e le parti sociali. Poi, c’è il macigno ‘Rousseau’. “Inaccettabile” per i Dem, comunque delicato per i pentastellati.

Di Nadia Pietrafitta

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