NAPOLI (Francesco Foco) – E’ una preoccupazione serpentina, carsica, che si aggira tra le aule e i corridoi di tutte le scuole della Campania. E forse non solo. Una preoccupazione che merita di essere ascoltata e, ovviamente, dissipata.
“Ma ci taglieranno i riscaldamenti?”. Una domanda, una semplice frase sussurrata, che i dirigenti scolastici della regione si ripetono tra loro in ogni occasione. Nessuno lo dice apertamente, le associazioni di categoria non entrano nel merito. Ma l’ansia c’è. Perché c’è una crisi energetica enorme, potente, che investe tutt’Italia ed ogni singolo aspetto della vita economica e sociale del Paese.
Non tutti sanno, forse, che le utenze degli istituti scolastici non vengono pagati con il budget in dote ai presidi. Né dal Ministero dell’Istruzione. Sono i Comuni, in alcuni casi le Province e in pochissimi la Regione, a provvedere al pagamento delle bollette di luce e gas, quindi ai riscaldamenti.
E le ultime dichiarazioni di tanti sindaci e dell’Anci in merito al caro bollette hanno gettato nello sconforto i dirigenti scolastici. E quindi ritorniamo alla loro domanda-preoccupazione: “Ci taglieranno i riscaldamenti? Li chiuderanno qualche settimana prima?”.
Nelle chat, nei gruppi social qualcuno lo ha anche scritto. Qualcun’altro, ancora, ha pure inviato una mail al proprio sindaco per chiedere rassicurazioni. “E’ impossibile, ragazzi. Sarebbe una fatto troppo grave”, chiosa qualcun altro.
Però in passato, qualche volta, è già accaduto. Di solito, è accaduto che i riscaldamenti smettessero di funzionare dalle 14 in poi. Orario in cui la frequenza scolastica è pari allo zero ma ci sono spesso corsi di recupero, attività extrascolastiche e in ogni caso il personale è presente. O che chiudessero tutto a metà marzo, sperando in una primavera calda.
In ogni caso, i problemi per le scuole non mancano. Se la crisi dell’energia non ha toccato direttamente la vita degli alunni e dei docenti quando sono ancora tre i muri delle aule, alcune questioni pure ci sono. E, date le basse risorse economiche in dotazione dei presidi, incidono e non poco. Sempre i dirigenti tra loro notano il boom dell’inflazione. Il budget per le gita va visto al ribasso. O meglio, a parità di spesa il numero delle escursioni in esterna dovrà diminuire. Con il Covid e le regole restrittive pandemiche la gite erano già diventate delle rarità. Oggi costano di più. “Costa di più l’autobus, costano di più le colazioni al sacco. Per gite lunghe costano di più spostamenti e pernottamenti. Insomma, piccole spese che incidono ancora di più su scuole e famiglie”, chiosano tra loro i dirigenti.
C’è un altro tema poi, non secondario: il caro del gasolio. Mettere benzina e spostarsi costa di più. Insegnanti, personale scolastico e famiglie spendono di più per recarsi sul proprio luogo di lavoro o per accompagnare i figli in classe.
Insomma, la scuola non è certo la più colpita dalla crisi energetica. Anzi, lo è solo marginalmente e forse nemmeno di striscio. Però questi due esempi, e le preoccupazioni dei dirigenti scolastici, danno la misura del dramma che sta vivendo l’Italia. Un dramma che colpisce innanzitutto le fasce più deboli, i lavoratori, le piccole imprese. E rischia di compromettere i servizi pubblici essenziali, in primis il trasporto pubblico locale.
E forse, addirittura, potrebbe arrivare fin dentro le nostre scuole. Per questo i dirigenti, informalmente, hanno chiesto rassicurazioni ai sindaci e all’Anci. Sono giustamente preoccupati. E una risposta, seppur scontata, la meritano. La scuola è stata martoriata in questi due anni di Covid. Ora va tutelata e trattata con cura.