ROMA – Il matrimonio M5S-Lega ora è davvero finito. O forse no, perché da qui a martedì 20 – giorno delle comunicazioni del premier Giuseppe Conte – può ancora succedere di tutto in questa crisi surreale giocata tra insulti e frasi ambigue. Al momento chi ha ufficializzato il divorzio è il Movimento, riunitosi nella villa di Marina di Bibbona di Beppe Grillo per rispondere ad una domanda: si deve riaccogliere il marito fedifrago? “Tutti i presenti si sono ritrovati compatti nel definire Salvini un interlocutore non più credibile”, è la posizione ufficiale presa in coro dai big Luigi Di Maio, Beppe Grillo, Davide Casaleggio, Roberto Fico, Alessandro Di Battista, Paola Taverna.
Meglio provare a fare un nuovo governo, forse con il Pd, per guadagnare tempo e prendere lo scalpo del taglio dei parlamentari. “Salvini torna sui suoi passi dopo il disastro, come possiamo credergli ora”, rincara la dose il capo politico, che aveva firmato il contratto di governo.
L’ex alleato Matteo Salvini, però, sembra di tutt’altro avviso. Tra una diretta Facebook e il vernissage della Versiliana, il Capitano gioca di cappa e spada, colpendo duro (“Farò di tutto per evitare un governo di marziani con Renzi”), ma lasciando anche la porta socchiusa. “In questi giorni abbiamo un rapporto epistolare ma Conte è ancora il mio premier. Magari martedì mi stupisce. Se mi dice applichiamo la ‘flat tax’ domattina…”, è il canto della sirena del titolare del Viminale.
Dalla barca M5S non sembrano però essere attratti dal mezzo dietrofront: “È chiaro a tutti, anche a molti leghisti, che la colpa di questa situazione sia solo la sua. Adesso che hanno fatto la frittata, che hanno tradito, non vengano a piangere da noi”.
Nel continuo ping pong tra gialli e verdi, Salvini ha un’idea fissa: dal Viminale non si muove. “Si lavora e si ragiona con calma da ministro dell’Interno, oggi e domani. Non darò la soddisfazione di togliere il disturbo”, ribadisce via social. Ci sono da fronteggiare le navi delle ong, ma soprattutto il rischio del governo Ursula. Ecco allora che l’alternativa al voto è solo “risedersi al tavolo e lavorare”.
L’alchimia di governo non sembra però proprio ideale, visto che per tutta la domenica le due fazioni si randellano a suon di note. “Riforma dell’Europa e delle banche a braccetto con Renzi, Boschi e Prodi? Sarebbe tradimento per salvare le poltrone”, attaccano i parlamentari della Lega Claudio Borghi e Alberto Bagnai, mentre D’Uva-Patuanelli ringhiano: “Dopo aver aperto una crisi di governo in pieno agosto, portando il Paese sul baratro, hanno anche il coraggio di parlare e arrivano ad inventarsi la fake news su Renzi, perché non sanno più dove sbattere la testa”.
Game over quindi? Nì, perché Salvini fino a sera si dice ancora disponibile a ragionare con gli attuali compagni a Chigi, “purché non tornino Lotti e Boschi”. Qualcuno sussurra che possa essere solo una strategia ‘di fino’ per far saltare l’asse sponsorizzato da Prodi e andare all’agognato voto. In caso contrario c’è l’arma letale della piazze: “Se si prendono i palazzi ci troviamo pacificamente e democraticamente in strada a chiedere di esprimerci”.
Il M5S e Luigi Di Maio guardano a martedì, quando saranno “forti e compatti” in aula al fianco di Conte. Premier almeno fino a martedì, sospeso tra fine dell’unione (probabile) e il ritorno di fiamma (molto difficile). (LaPresse)