ROMA – “Prima hanno ammazzato lui, poi l’hanno insultato da morto e poi hanno provato a fare lo stesso con noi, la sua famiglia. Perché lo Stato ci ha fatto questo”. Così Rita Cucchi, intervistata da Myrta Merlino sul Corriere della Sera.
“Io sapevo che avrebbe dovuto pagare per i suoi errori – dice la mamma di Stefano Cucchi, morto a Roma nel 2009 una settimana dopo l’arresto -. Quella notte quando lo portarono via ammanettato dicendomi che la mattina dopo sarebbe tornato a casa, mio marito ed io pensammo fosse giusto che pagasse per ciò che aveva fatto. Ma puoi pagare con la vita il possesso di qualche grammo di droga? Perché? Noi ci siamo fidati dello Stato.
Perché lo Stato ci ha fatto questo?” “I carabinieri la sera dell’arresto mi hanno detto di non preoccuparmi, che Stefano sarebbe tornato a casa il giorno successivo – racconta la donna -. Dopotutto era stato fermato con poca droga, dissero. E invece è stato rinviato a giudizio. Perché? La mattina dopo il rinvio a giudizio siamo andati a Regina Coeli, in carcere, volevo portargli la borsa con qualche cambio, ma non ce l’hanno fatto vedere. Perché? La sera dopo l’arresto ci chiamano dicendoci che era ricoverato al Pertini, corriamo, ingenuamente chiediamo ‘possiamo vederlo?’.
La madre si pone ancora tante domande
Rispondono ‘no, assolutamente. Tornate lunedì’. Perché? Lunedì siamo lì presto, ma dopo neanche 5 minuti scende una poliziotta talmente agitata che sbaglia pure il documento di mio marito e dice che purtroppo ai medici non è arrivato il permesso di poter parlare con noi. Perché? Mi dissero addirittura che mio figlio era tranquillo.
Ma intanto al telefono qualcuno diceva che Stefano stava male, che aveva bisogno di un’ambulanza e si augurava che morisse ‘li mortacci sua’. Perché? A Stefano non è stata fatta la foto segnaletica, anche se è obbligatoria. Perché? Quando ci hanno detto che Stefano era morto siamo corsi a Medicina legale, volevano che autorizzassimo l’autopsia prima di vederlo. Perché? Lì abbiamo puntato i piedi. Quando siamo entrati il corpo di Stefano era circondato da vetri fissi e tutti poliziotti intorno. E lì ho capito il perché: Stefano era stato massacrato, come potevano rimandarlo a casa?”.
“Ti assicuro che se tornassi indietro rifarei tutto quello che ho fatto – prosegue la donna parlando con la giornalista -. Con la forza non ottieni nulla. Sono loro che comandano e se non vogliono fartelo vedere, non te lo fanno vedere. Solo all’obitorio abbiamo puntato i piedi. E abbiamo visto l’orrore disegnato sul suo volto. E lì abbiamo fatto quella foto. Quella foto che io, da madre, non volevo rendere pubblica, non volevo mostrare mio figlio così… Ma senza quella foto nessuno ci avrebbe creduto mai. Perchè lo Stato ci ha fatto questo”.
(LaPresse)