Dai D’Alessandro ai Santapaola: le alleanze criminali dei Casalesi per gestire l’affare rifiuti

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Nitto Santapaola

CASERTA – L’esperienza politica, la condanna per concorso esterno al clan dei Casalesi, scontata senza mai ‘parlare’, e le sue entrature nel settore dei rifiuti: sono alcune delle skill criminali che, negli ultimi anni, avrebbero reso Nicola Ferraro, alias ‘Fucone’ – originario di Casal di Principe, ma ora residente ad Arienzo – un punto di riferimento agli occhi dei mafiosi.

Una leadership che gli sarebbe stata riconosciuta già in carcere: è a lui infatti, sostengono gli inquirenti della Dda, che si sarebbero rivolti diversi detenuti per sedare dissidi in carcere o per compattarsi contro le prevaricazioni di altre cosche, come quella dei Poverino sui Casalesi.
Tornato in libertà, alcuni imprenditori ed esponenti politici, per ringraziarlo del silenzio mantenuto mentre affrontava la prigione, gli avrebbero offerto piena disponibilità ad aiutarlo a costruire un sistema affaristico da lui gestito e finalizzato a infiltrarsi nella pubblica amministrazione. Aiuti che ‘Fucone’ avrebbe accettato. Risultato? Ha attivato quel sistema, dice la Dda, coinvolgendo Domenico Romano, soggetto considerato vicino alla cosca Alfieri e ai Nuvoletta, riuscendo a inserire società a lui vicine, secondo l’Antimafia, nelle Asl di Caserta, di Napoli 2, Napoli 3 e Benevento. Con questa azione, Ferraro avrebbe consentito a una ristretta cerchia di imprenditori – affermano gli inquirenti – di aggiudicarsi importanti appalti pubblici, sia nel settore della raccolta dei rifiuti sia in quello delle sanificazioni ospedaliere.

Il ruolo di referente del clan nel settore degli appalti pubblici, che, secondo la tesi investigativa, Ferraro avrebbe acquisito dopo il carcere, lo ha portato ad attirare l’attenzione anche di altre cosche. ‘Fucone’, stando agli accertamenti dei carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, sarebbe stato, infatti, convocato dal clan D’Alessandro per concordare affari sul territorio stabiese. Inoltre, avrebbe stretto patti con il clan Santapaola, storica compagine di Cosa Nostra, attraverso Francesco Santapaola (non presente nell’elenco dei 34 indagati) – nipote del boss ‘Nitto’ Santapaola – per assicurare ad imprenditori a lui vicini, ovvero i Cimmuo di Cassino, l’aggiudicazione di appalti nel territorio catanese.

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