CASAL DI PRINCIPE – Spazi ampi, la vicinanza al mare e una rete viaria capillare che lo rende facilmente accessibile: il Litorale Domizio possiede tutte le caratteristiche per diventare una risorsa sociale ed economica di primo piano. Un potenziale che non è sfuggito nemmeno alla criminalità organizzata, che punta a sfruttarlo attraverso una schiera di imprenditori compiacenti. Soggetti capaci di intercettare le opportunità e trasformarle in affari illeciti grazie al sostegno del clan.
Colpo al clan dei Casalesi, in 5 finiscono in manette
Tra questi, secondo il collaboratore di giustizia Vincenzo D’Angelo Biscottino – genero del boss Francesco Bidognetti e collaboratore dal dicembre 2022 – c’è Antonio Fusco, detto Lupin (nomignolo mutuato dal nome dell’attività commerciale di famiglia situata a Castelvolturno, che rivende arredi per locali), La cosca che D’Angelo rappresentava, su mandato del cognato Gianluca Bidognetti, avrebbe concluso diversi affari proprio grazie a Fusco, a partire dall’acquisto di alcuni terreni di proprietà dei Sementini, situati di fronte alla clinica Pineta Grande. “Si tratta di un’area che Fusco acquistò tra il 2016 e il 2017, prima dell’arresto di mia moglie Teresa – ha riferito D’Angelo –. Voleva realizzarvi un’area parcheggio e un immobile da affittare poi a McDonald’s”.
Un progetto, quello dell’area commerciale, che secondo Biscottino venne discusso direttamente con Gianluca Bidognetti durante un colloquio avvenuto nel carcere di Terni. L’acquisto, ha aggiunto D’Angelo, era mirato a sottrarre quei beni ai Sementini, già colpiti da provvedimenti di confisca: “In questo modo potevamo continuare a incassarne i proventi, eludendo ulteriori sequestri” Dopo l’acquisto, Fusco avrebbe presentato un progetto redatto da un geometra di Castelvolturno per la realizzazione del parcheggio e dei locali commerciali.
Un secondo affare citato da D’Angelo riguarda un’area situata in via Amalfi, di fronte al bar Scalzone. Nel 2019, in occasione del Jova Beach Party, quell’area venne destinata alla sosta delle auto (chi ha organizzato l’evento musicale è estraneo all’inchiesta e al business descritto dal pentito): “Ne ricavai 8mila euro – ha raccontato il collaboratore –. Era una destinazione temporanea legata all’evento, che poi non si tenne nei due anni successivi per via della pandemia”.
Su quello slargo, poi, fu costruito anche un capannone per realizzare una zona di rimessaggio barche. Il progetto, però, venne bloccato perché non rispettava le distanze minime dal canale dei Regi Lagni e per via di alcuni esposti presentati dalle suore di un convento vicino, che denunciarono la violazione del vincolo a tutela delle rondini. “L’operazione – ha detto D’Angelo – la realizzai insieme a Raffaele Cirillo, figlio di Francesco, il fratello di Bernardo (non coinvolti nell’inchiesta che ieri ha fatto scattare l’ordinanza)”.
Operazioni, queste, che venivano finanziate con denaro prelevato direttamente dalla cassa del clan: “Prendevo io i soldi per reinvestirli su diretta indicazione di Gianluca Bidognetti”, ha precisato il pentito.
Le rivelazioni di D’Angelo sono state preziose per le indagini condotte negli ultimi due anni dagli inquirenti contro il clan dei Casalesi. Tuttavia, già prima della sua collaborazione, i carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa – oggi guidati dal maggiore Michelangelo Piscitelli – avevano raccolto elementi importanti per individuare i cosiddetti ‘colletti bianchi’ della cosca: imprenditori che, con le loro attività, permettevano al clan di rafforzare il proprio potere economico.
Ed infatti i carabinieri incrociarono Fusco già nel 2020 – quando D’Angelo era ancora fedele al clan – durante le indagini su Gianluca Bidognetti che, pur detenuto nel carcere di Terni, continuava a impartire ordini alla cosca.
I militari documentarono vari incontri tra Lupin e Biscottino. In particolare, nel dicembre 2020, si incontrarono per discutere dell’acquisto e della ristrutturazione degli ex magazzini generali Sementi.
Secondo gli investigatori, oltre a essere il braccio economico del clan, Fusco avrebbe anche messo a disposizione un suo immobile per ospitare Antonio Stabile, costretto a lasciare il quartiere Miano di Napoli dopo una stesa ai danni del clan Stabile, a cui era legato. L’intermediazione, in questo caso, sarebbe avvenuta per mano di Nicola Sergio Kader, ritenuto capozona dei Bidognetti sul Litorale.
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