DAVOS – “Noi sogniamo un’Europa del popolo, per il popolo”: con queste parole il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha concluso il suo intervento al World Economic Forum di Davos.
Il premier ha sottolineato come “l’Italia oggi sta percorrendo questa strada. Non so dire quanto tempo ci vorrà. Ma so che tutto quello che stiamo facendo per creare una società migliore è ciò che tutte le altre comunità fanno. Sappiamo che ogni persona, ogni comunità se lasciata sola, faticherà”.
Conte ha parlato degli investimenti in educazione, in capitale umano ma anche dei problemi legati a burocrazia e corruzione. E ha affermato che “una società equa è una società più forte perché tutti i suoi membri si fidano gli uni degli altri. È una società più efficiente perché meno risorse vengono sprecate per difendere privilegi ingiusti”.
Conte infiamma il World Economic
“L’opinione pubblica europea per anni ha considerato il ‘progetto europeo’ come lo strumento per affrontare queste sfide e proteggere dal loro impatto negativo”, ma oggi “sta mettendo in dubbio la sua validità e credibilità”. Davanti alle élite (mai così in difficoltà) e al gotha dell’economia mondiale di cortese e garbato è rimasto solo il tono dell’eloquio. Le parole scelte pesano come macigni.
Il nuovo umanesimo
“C’è una parola chiave attorno alla quale abbiamo costruito la nostra visione politica e l’attività di governo – tuona dolcemente il presidente del Consiglio – e quella parola è Popolo. Dobbiamo dare una risposta a tutto questo, abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo, di una visione radicalmente nuova”.
Il discorso è stato anticipato ai due vicepremier. E nella sua stesura hanno pesato le parole pronunciate ieri dal segretario di Stato statunitense Mike Pompeo, che ha definito il caso italiano quale una delle novità nello scacchiere politico internazionale. Parole al miele per il premier, che custodisce gelosamente nel suo ufficio una copia del Financial Times che lo ritrae in prima pagina con Donald Trump, e un cubitale “Good job, Giuseppe” autografato dal presidente Usa.
La delusione euro
Durissimo anche il passaggio sull’euro, la cui realizzazione è stata “molto diversa” dalle aspettative, sottolineando come il contraltare della stabilità sia stato “un crescente debito pubblico e la frugalità di bilancio ha frenato la crescita del Pil”.