ROMA – Il ddl Concorrenza passa al Senato. Dopo l’ultimatum del presidente del Consiglio Draghi – che aveva posto il 31 maggio come deadline per evitare la fiducia – e l’accordo politico raggiunto in commissione sul nodo balneari, oggi il provvedimento viene approvato in aula a palazzo Madama senza incidenti. Ora andrà alla Camera, sulla quale soffiano però altri venti di guerra, questa volta provenienti dai tassisti che minacciano di bloccare le città se non si stralciano le norme sulle liberalizzazioni del trasporto pubblico non di linea. E anche sulle concessioni balneari le polemiche non si placano, soprattutto all’interno del centrodestra, dove anche i partiti di maggioranza – Forza Italia e Lega – non nascondono i mal di pancia per aver dovuto votare un testo che promettono di cambiare in caso di vittoria alle prossime elezioni.
Il via libera del Senato alla riforma – che il premier Draghi considera essenziale per l’attuazione del Pnrr – arriva con 180 voti favorevoli, 26 contrari e un solo astenuto. Ma viene preceduto dalle ccintille in aula tra Lega e Fratelli d’Italia, alleati di coalizione ma su sponde opposte rispetto al governo Draghi. Al momento di dover votare gli emendamenti, il capogruppo del Carroccio a palazzo Madama, Massimiliano Romeo, confessa di “non comprendere” il comportamento di Fdi sul tema balneari: “Visto che sono contro tutto il lavoro che è stato fatto perché non è stato presentato un emendamento soppressivo per l’Aula? Io ho bisogno di capirlo, sennò viene il sospetto che politicamente fuori si vada a raccontare una storia e poi nella sostanza si approvi l’accordo che il governo ha fatto. Una volta per tutte bisogna essere chiari davanti ai cittadini italiani”. A replicare è il capogruppo del partito di Giorgia Meloni, Luca Ciriani, ricordando che “i nostri emendamenti sono stati tutti puntualmente depositati in commissione, tutti puntualmente bocciati da chi adesso forse ha qualche crisi di coscienza e vuole imputare a noi errori che non ci appartengono.
La verità fa male”. A chiudere “questa interessantissima polemica” – come la definisce laconicamente il vicepresidente di turno Ignazio La Russa, anche lui di Fdi- ci prova il senatore di Forza Italia, Stefano Mallegni, che vota il provvedimento ma annuncia che “qualora il centrodestra vincesse, come ci auguriamo, le elezioni nel 2023, ci impegniamo solennemente a modificare la norma che oggi verrà approvata dal Senato” sui balneari. Promessa che viene ribadita dal collega azzurro Maurizio Gasparri, per il quale la sentenza del Consiglio di Stato che ha imposto di mettere a gara le concessioni entro il 2023 “è basata su dati non reali” e “non vera poi l’affermazione secondo la quale la mancata applicazione della Bolkestein farebbe perdere i fondi del Pnrr: non comprendo come si possano dire simili astrusità”.
Ma non c’è solo la questione balneari. Il testo si compone di 36 articoli e si occupa di disciplinare tanti altri temi, dalle concessioni dei porti a quelle per il gas e idroelettriche (con la scelta della Golden power per cercare di salvaguardare gli asset strategici), dai servizi pubblici locali al contrasto all’abuso di dipendenza economica esteso anche alle piattaforme digitali. Alcune norme riguardano anche i trasporti e, in particolare, il trasporto pubblico non di linea, ovvero taxi e ncc. Ed è proprio questa disposizione che rischia di aprire un fronte caldo essendo già alla Camera. I tassisti sono pronti allo scontro duro. Perché il Governo “sceglie la strada di una delega in bianco verso la quale non c’è altra soluzione che la mobilitazione. Che sarà messa in campo per difendere i principi della legge e del servizio pubblico”, dice a LaPresse Nicola Di Giacobbe, segretario nazionale di Unica Cgil Taxi, riferendosi all’articolo 8 che delega l’Esecutivo a una riforma complessiva del settore. La sua minaccia è chiara: “Siamo in grado di difendere il servizio pubblico scendendo in piazza e bloccando le città. Siamo per un confronto con il governo, ma stralci quell’articolo”.
Di Giuseppe Recchia