CASERTA (gt) – C’è un vuoto in politica: lo si percepisce ogni giorno, tra la sfiducia crescente verso i partiti tradizionali e l’evanescenza delle ideologie. A colmarlo, spesso, non sono i programmi, ma le figure forti (e non è un bene per la democrazia faticosamente conquistata). Parliamo di quei leader capaci di parlare fuori dai palazzi, con linguaggi talvolta ruvidi, spesso divisivi, ma sempre incisivi. Tra questi, da anni, c’è Vincenzo De Luca. E mentre si avvicina la fine del suo secondo mandato da presidente della Regione Campania – il terzo, ormai, non si farà – cresce l’ipotesi di una nuova sfida, lontano dal Partito democratico e dal centrosinistra ‘ufficiale’.
Il centrodestra ha chiuso le porte al terzo mandato, almeno per ora. La spinta di alcuni governatori, in testa proprio De Luca, si è arenata contro i veti incrociati interni alla maggioranza. Un segnale chiaro: l’epoca di De Luca presidente della Campania sta per concludersi. Ma non quella del De Luca politico. Non è da lui il passo indietro. Non è da lui sparire nella penombra di un incarico da saggio. Chi lo conosce lo sa: il governatore non ha mai smesso di pensare in grande. E negli ultimi mesi, tra monologhi settimanali, frecciate ai vertici nazionali e una crescente insofferenza verso le logiche di coalizione, si è mosso come un uomo pronto a rifondare qualcosa, forse tutto.
Il Pd, a quanto pare, non è più casa sua. Troppe le ferite, le frizioni, i nemici interni. Anche la presenza del figlio, Piero De Luca, che siede in Parlamento per conto dei dem, non basta più a giustificare un radicamento in un partito che appare sempre più lontano dalla sua visione. E allora ecco che si apre uno scenario nuovo, in parte sperimentato sul territorio, ma ancora tutto da costruire a livello nazionale: una nuova forza centrista, un contenitore ampio capace di accogliere delusi del centrosinistra, transfughi del centrodestra e moderati in cerca di rappresentanza. Qualcosa che somigli a un ‘terzo polo 2.0’, con una forte impronta personale, magari proprio quella di De Luca.
Un’ipotesi che prende forma anche nelle parole scelte dal governatore, sempre più da leader di movimento che da amministratore uscente.
Di recente ha alzato i toni sul conflitto in Medio Oriente, lanciando un durissimo attacco alla politica estera europea: “Nessuno si permetta di parlare della civiltà occidentale. Non siamo più degni di farlo. Siamo tornati allo stato di natura. Non vi sono più regole, valori, leggi: decide chi ha la forza e nessuno lo ferma”. Un j’accuse che ha avuto come bersaglio principale il cancelliere tedesco Friedrich Merz, liquidato con sarcasmo come “lo spilungone con un nido di quaglia in testa”, accusato di giustificare la violenza israeliana con i crimini del nazismo. “Chi ha sterminato sei milioni di ebrei non sono stati i palestinesi o gli iraniani, ma i nazisti tedeschi e i fascisti italiani”, ha affermato con una retorica che va ben oltre le competenze regionali.
De Luca ha evidenziato il suo timore per una pericolosa assuefazione alla violenza bellica che si sta registrando in questi giorni: un’abitudine crescente che, nei prossimi mesi, potrebbe avere effetti devastanti. Ma il governatore non si limita agli affondi internazionali. Continua ad agire da amministratore, firmando un’ordinanza che limita i lavori nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura nelle ore più calde della giornata. Una misura concreta, nata per tutelare i lavoratori esposti – dice – a condizioni climatiche estreme, che dimostra come l’uomo politico sia ancora pienamente attivo, anche nel quotidiano.
A pesare nella scelta di allontanarsi dal Pd c’è anche un elemento più tattico: il nome del candidato governatore per la coalizione progressista. Il Movimento 5 Stelle – oggi principale alleato dei dem – ha proposto Roberto Fico, figura di spicco e già presidente della Camera. Ma Fico non è gradito a De Luca, che avrebbe preferito l’ex generale Sergio Costa. Una proposta, per ora, ignorata dai vertici nazionali, che vedono nel governatore uscente più un ostacolo che una risorsa. Anche questo rafforza la convinzione che un percorso comune sia ormai difficile, se non impossibile (anche se il Pd punta non a cacciare De Luca, ma a includerlo depotenziandolo). Nel frattempo, anche nel Movimento 5 Stelle si sta consumando una trasformazione silenziosa ma decisiva. Alle 22 di ieri sera si è chiuso il voto degli iscritti sulle modifiche statutarie e al codice etico. Un lavoro di mesi, guidato da Giuseppe Conte, per ridefinire le regole del gioco e – soprattutto – aprire nuovi spazi di manovra.
Tra le principali novità, la possibilità per gli eletti di ottenere un terzo mandato, purché in una diversa istituzione rispetto alle precedenti due. È la chiave per consentire la candidatura proprio di Fico in Campania, dopo due legislature in Parlamento. Un dettaglio non da poco. Perché, se la riforma passerà, sarà lo stesso Fico a contendersi la successione a De Luca. E lo farà con il sostegno dei vertici nazionali dei 5 Stelle e del Pd. Proprio questo scenario potrebbe rappresentare la spinta definitiva per De Luca verso la rottura. Un’uscita di scena da Palazzo Santa Lucia, ma non dalla politica. Anzi, forse l’inizio di una nuova avventura, con ambizioni che vanno ben oltre i confini della Campania.