Decapitato il clan Silenzio, 26 arresti

Il gruppo si era reso indipendente dai Formicola: 24 in carcere e 2 ai domiciliari

NAPOLI – Maxioperazione della Squadra Mobile di Napoli, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di persone ritenute appartenenti o vicine al clan Silenzio del ‘Bronx’ di San Giovanni a Teduccio.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, su richiesta della Dda, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 26 persone, ritenute gravemente indiziate di partecipazione ed associazione per delinquere di tipo mafioso e di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, nonché, per taluni di essi, dei delitti di omicidio, detenzione e porto di armi da sparo, ed estorsione.

Le indagini ricostruiscono gli attuali equilibri criminali sul territorio del quartiere orientale, caratterizzato da numerosi fatti di sangue causati dalla faida, in atto nel 2018 nonostante gli arresti e le sentenze di condanna, tra diverse famiglie di camorra espressione di due più ampie confederazioni, l’Alleanza di Secondigliano e il clan Mazzarella, che si contendono, da sempre, il controllo esclusivo della città di Napoli e provincia.

In particolare, le attività svolte a partire dal mese di gennaio del 2018, in seguito all’omicidio di Annamaria Palmieri, braccio destro di Maria Domizio, reggente del clan Formicola, ricostruiscono una violenta contrapposizione armata tra le famiglie di camorra Silenzio e Formicola, entrambe operative nella sfera di influenza e controllo del dominante cartello formato dalle cosche Rinaldi, Reale e Formicola. Un ‘cartello’ a sua volta riconducibile all’Alleanza di Secondigliano.

Numerose sono le azioni violente ricostruite nell’ordinanza cautelare attraverso le quali il clan Silenzio costringeva interi nuclei familiari ad abbandonare le proprie abitazioni, legittimamente occupate, in modo da garantire ai membri ed affiliati della famiglia Silenzio il controllo militare delle palazzine di via Taverna del Ferro, il cosiddetto ‘Bronx’ e la gestione di tutte le attività illecite, in particolare estorsioni e controllo delle piazze di spaccio.

In tale contesto si inquadrano anche la ricostruzione del quadro indiziario relativo all’omicidio di Annamaria Palmieri, avvenuto il 23 gennaio del 2018, che risulta aver rappresentato il primo eclatante atto delittuoso finalizzato a dare feroce dimostrazione del disegno criminoso del gruppo Silenzio, nonché delle successive azioni criminose riconducibili alla reazione violenta del cartello dei Mazzarella e delle dinamiche criminali correlate al controllo dei flussi di importazione dalla Spagna degli stupefacenti destinati non solo alle piazze di spaccio di San Giovanni a Teduccio, ma anche a quelle di altri quartieri napoletani, Barra e Secondigliano, e di altri comuni della Campania.

A capo del sodalizio viene indicato il ras Francesco Silenzio che, grazie al supporto dei familiari e di alcuni ex Formicola per dichiarare guerra proprio agli alleati del clan Formicola, così da rendere indipendente il proprio sodalizio e fronteggiare non solo i Formicola ma anche i Mazzarella.

I ruoli per la ‘gestione’ dei narcotici

NAPOLI – Il clan Silenzio si era organizzato e strutturato per fare del traffico di sostanze stupefacenti un’attività redditizia non solo a San Giovanni a Teduccio ma anche in altre zona della città. Infatti il sodalizio riforniva le ‘piazze di spaccio’ del rione Case Nuove e dei quartieri di Barra e Secondigliano. Nello specifico per la Dda Alfonso Silenzio, Francesco Silenzio, Vincenzo Silenzio e Pacifico Silenzio avevano “promosso, diretto, organizzato e finanziato l’associazione dedita al traffico di stupefacenti, occupandosi in particolare, dell’approvvigionamento della sostanza stupefacente destinata ad essere commercializzata al minuto nelle piazze di spaccio ‘autorizzate’ e controllate dall’organizzazione ed attiva a San Giovanni a Teduccio, nonché in altre parti del territorio attraverso consegne concordate nelle modalità di tempo e di luogo con gli acquirenti”. Ognuno aveva un ruolo secondo le risultanze degli investigatori. Anna Principe, Pasqualina Di Leo, Antonio Morra, Demetrio Morra, Mariglen Lazri, Giovanni Ranavolo, Chiara Silenzio e Antonio Costabile sono accusati di aver “collaborato e promosso la gestione del sistema delle piazze, provvedendo al loro rifornimento, al trasporto dello stupefacente e al ritiro dei corrispettivi, al confezionamento, alla vendita, nonché al recupero delle quote settimanali imposte agli spacciatori operanti sul territorio ed alla contabilità dell’organizzazione”. Per la Dda, Aurelia Serra e Ciro Serra si occupavano della lavorazione della sostanza; Salvatore Prisco prendeva contatti con gli acquirenti e ritirava i soldi delle forniture; Patrizia Del Prete custodiva la droga; Salvatore Mauro si occupava della riscossione del denaro per conto di Alfonso Silenzio e della lavorazione della droga; Sergio Acampora era addetto al trasporto dello stupefacente; Ciro Milone invece alla distribuzione della droga; Antonio Silenzio gestiva una propria piazza di spaccio nella zona di “sopra le terre e croce del lagno”; Francesco Pio Silenzio era addetto al taglio e alla lavorazione della sostanza stupefacente e al conteggio dei ricavi; Dario Lenci alla vendita al dettaglio; Ferdinando Saviano, Vincenzo Rinardi, Salvatore Rinardi, Claudia Rizzo, Paolo Piccolo, Vera Caccioppoli, Salvatore Esposito, Tobia Esposito, Maria Borrelli, Rita Tammaro, Raffaele Pane, Ciro Ortese, Marco Serafino, Luigi Pagano, Vincenzo Sannino, Roberto Grimaldi, Ciro Caiazzo, Vincenzo Santanasia, Salvatore Minichini, Antonio Digitale e Ferdinando Di Pede come acquirenti all’ingrosso abituali. E in questo caso veniva coinvolto anche un minorenne.


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